Welgedacht Reserve, 31 ottobre
Sveglia alla solita ora e colazione. La mattinata prevede di andare a pitturare quello che non abbiamo fatto ieri, ma servono due volontari per aiutare Daka ad appendere i pezzi di carne nella cella frigorifera. Ritenendo quest’ultima cosa più interessante che passare la mattinata a pitturare, mi fermo con Enric.
Il lavoro non è facile, i pezzi di carne sono grossi e pesanti, e la cella frigorifera è già piena. Nella cella frigorifera ci sono già appesi i pezzi dei tre cavalli che abbiamo tagliato qualche giorno fa, e a questi dobbiamo aggiungere i pezzi di un altro paio di cavalli arrivati nel frattempo. Siamo obbligati a farci largo in un ambiente ristretto, e abbiamo la necessità di creare dello spazio per quella che è una montagna di carne. E’ inevitabile appoggiarsi o essere toccati dai pezzi di carne già appesi o da quelli da appendere. Alla fine scarpe, pantaloni e maglietta sono completamente sporchi di sangue, così come le parti del corpo esposte.
Finiamo verso le undici e mi concedo una lunga doccia calda, per lavarmi con calma e togliere tutto il sangue che ho addosso. E’ piacevole avere sempre a disposizione tutta quest’acqua calda, tra l’altro in modo gratuito. Tutte le camere del campo hanno sul tetto uno scaldabagno. Questo è formato da un grosso serbatoio e da una serie di grossi tubi orientati verso il sole, in modo da prenderne più possibile. Sembra che abbia un sistema di circolazione interno come quello di una caldaia, fatto in modo che l’acqua più calda tenda a spostarsi dai tubi verso il serbatoio, lasciando spazio all’acqua più fredda che a sua volta viene riscaldata dal sole. Quindi l’acqua non è riscaldata dalla corrente elettrica, come nei nostri scaldabagni, ma direttamente dai raggi del sole, che qui è molto forte. Semplice ed economico.
Terminata la doccia, osservo le condizioni della maglietta che l’altro giorno avevo sporcato di sangue. Era una delle magliette che avrei voluto conservare in buone condizioni. Così questa mattina, su consiglio di Brenda, l’ho lasciata in acqua fredda con un poco di sapone da bucato. Sembra che qualcosa abbia fatto, le macchie di sangue sembrano scomparse, forse riesco a salvarla. Messa la maglietta ad asciugare, vado a rilassarmi nell’area comune, mentre aspetto gli altri per il pranzo.
Dopo pranzo, il programma del pomeriggio prevede di continuare a pitturare la visitor house. Non mi piace pitturare, l’unica consolazione è che il casotto dove stiamo lavorando è attaccato al recinto di due bellissimi leopardi neri chiamati Duke e Kahn. Apprezzando particolarmente questi due animali, passo tutto il pomeriggio dal lato della costruzione che è più vicina alla loro rete, interrompendo spesso il lavoro per andare a guardarli.
I leopardi, incuriositi, vengono vicino alla rete, per vedermi da vicino. Forse perché desiderosi di un contatto, avvicinano la testa più possibile alla rete, infilandola con attenzione tra gli spazi dei fili dove passa la corrente elettrica, come se desiderassero essere accarezzati. La tentazione di infilare due dita e toccarli è grandissima, ma non si può, sono troppo pericolosi. Nonostante questo, continuano a stare nelle vicinanze, sdraiandosi per terra e piegando la testa, come fanno i gatti quando vogliono essere coccolati. Sembrano due giganteschi gatti neri di cinquanta chili.
Da un altro lato della costruzione, leggermente più distante, c’è un altro recinto con cinque leoni. Durante il nostro lavoro anche loro si sono avvicinati alla rete e si sono seduti a guardarci. A differenza dei leopardi che si muovevano avanti e indietro, questi sono tutti seduti in fila (anzi sdraiati), come se fossero al cinema. E noi siamo il loro film, anzi, come ha commentato qualcuno, noi siamo il loro reality show.
Faccio qualche foto ai leoni messi così in fila, ma non credo che verrà molto bene, nel frattempo il cielo si è riempito di nuvole ed è diventato scuro. Sembra che la pioggia sia imminente. Non abbiamo neanche modo di finire il nostro lavoro, infatti poco dopo arriva una pioggia torrenziale, una vera bufera. La visitor house, che è aperta su tre lati, non offre la minima protezione dalla pioggia che, spinta dal vento, entra da tutte le parti. In meno di un minuto, nonostante il tetto sopra la testa, siamo bagnati fradici, e siamo costretti a rifugiarci in auto. Torniamo di corsa al campo base.
In serata, cena a base di riso bianco e chili con carne (buono e piccante il giusto). Mentre ceniamo, come ogni sera, Lozanne scrive sulla lavagna il programma di domani. Continueremo a pitturare la vistor house. Non mi piace pitturare, lo dico chiaramente che vorrei fare altro, qualsiasi altra cosa. Per me andrebbe bene anche entrare nel recinto con i leoni e pulirgli i denti con lo spazzolino piuttosto che pitturare. A quest’ultima affermazione scoppiano tutti quanti a ridere come matti, come se fosse chissà quale battuta. Si, era una battuta, ma in fondo non così divertente. In ogni caso, domani mi tocca continuare a pitturare. Vado a dormire.
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