Great Rift parte 5
13 agosto
Sveglia alle 5:30 e partenza alle 6. Abbiamo lasciato i fuoristrada e abbiamo a disposizione un nuovo pulmino. Questo pulmino ci accompagnerà solo per la giornata di oggi. Partiamo alla volta della frontiera (Tuduma). Lasciamo la Tanzania e torniamo in Zambia. Destinazione Mpulungu, sul
lago Tanganika, unico porto commerciale dello Zambia.
Alla frontiera, il primo problema. Il genio di autista che ci accompagna non ha portato il passaporto. Deve farselo mandare da Mbeya, che è distante circa due ore. Angelo cerca una soluzione alternativa, lasciare il pulmino e prendere dei mezzi più piccoli già presenti alla frontiera dal lato della Tanzania. Purtroppo la richiesta economica è particolarmente esosa e quindi niente da fare, bisogna aspettare il passaporto. Arrivato il passaporto sembra tutto risolto, ma non è così. Una impiegata particolarmente rompicoglioni incomincia a fare storie sui permessi di transito del pulmino, richiedendo timbri e visti da uffici diversi secondo la peggiore burocrazia. alla fine se ne esce, ma sono passate 5 ore dall’arrivo in frontiera.
Siamo tornati in Zambia, stato molto più povero, con strade malmesse e villaggi fatiscenti. Proseguendo, ad un certo punto, vediamo un sacco di gente, presso un mercato che, uno dei villaggi, ha allestito lungo la strada. Anche se siamo già notevolmente in ritardo sulla tabella di marcia, decidiamo ugualmente di fermarci e dare un’occhiata.
E’ più che evidente che la maggior parte di loro non ha mai visto un uomo bianco, ci guardano tutti con diffidenza e i bambini scappano o si mettono a piangere. Bisogna anche dire che il nostro aspetto (siamo sporchi e pieni di polvere) non aiuta a farci accettare. In ogni caso facciamo un giro, qualche foto e rispondiamo alle loro domande.
Una volta ripartiti, dopo pochi chilometri, presso un altro villaggio, veniamo fermati da dei poliziotti. Sono in quattro e ci chiedono se possiamo dargli un passaggio per un pezzo di strada. Non abbiamo problemi, ci stringiamo e li facciamo salire. I poliziotti salgono con il loro bagaglio, che comprende anche delle galline. Ecco, questa fino ad adesso ci era mancata.
Arriviamo a Mpulungu che è già buio. Una leggera difficoltà nel trovare il campeggio, perché ci dirigiamo nella direzione sbagliata, ma alla fine lo troviamo. Scarichiamo il bagaglio e salutiamo l’autista, non abbiamo più bisogno del pulmino, la prossima parte del viaggio la faremo via lago con la nave. Angelo, parlando con la proprietaria del campeggio, ottiene l’uso della zona cucina. Oltre ad una zona con tavoli e sedie, abbiamo a disposizione una zona con la brace. Montiamo velocemente le tende e ci organizziamo per la cena. Dal bar del campeggio prendiamo le birre.
14 agosto
Oggi giornata di sosta a Mpulungu, è prevista una visita alle Kalambo falls, delle cascate che si trovano al confine tra Zambia e Tanzania con oltre 200 metri di salto; in quanto ad altezza sono le seconde in Africa.
Raggiungeremo la zona vicino al confine con una barca, e poi con un trekking di circa due ore dovremmo arrivare al punto delle cascate. Ci alziamo con calma e facciamo colazione mentre Angelo va a prendere gli accordi per la barca. Ci porteremo dietro solo il necessario per il trekking e il pranzo.
La barca ci viene a prendere nel punto del lago di fronte al campeggio; è un barcone piuttosto grande che può ospitare ben più che le 14 persone del gruppo. Secondo i calcoli dovemmo arrivare nel punto in cui cominciare la camminata in circa due ore. Partiamo, ma la barca si rivela essere più lenta del previsto. Inoltre il conducente della barca, che all’inizio sembrava normale sta rapidamente peggiorando: è ubriaco fradicio, parla in maniera incomprensibile e tende ad addormentarsi. Alla fine lascia il timone ad un suo collega e si mette a dormire.
Dopo circa tre ore di navigazione accostiamo presso un villaggio, convinti che sia il punto da cui partire. No, non è il punto esatto, dobbiamo andare più avanti. o forse lo abbiamo già passato e dobbiamo tornare indietro. quello che il conducente stava cercando di dirci in maniera incomprensibile era “where is Kalambo falls?”, in pratica stava chiedendo a noi dove doveva andare.
Con una piccola riunione di gruppo si decide che non è il caso di andare oltre, considerando il tempo che ci abbiamo impiegato e quello necessario per il trekking, la visita alle cascate comporterebbe il ritorno con il buio. cosa che nessuno di noi vuole fare, considerando la barca e sopratutto chi la guida.
Decidiamo di fermarci nel villaggio e fare un giro, Il conducente della barca viene rimandato a bordo letteralmente a calci nel sedere (fatti una dormita). Angelo parla con l’autorità locale ed ottiene di farci sostare un ora. facciamo un giro e qualche foto tra la curiosità della gente poco abituata a vedere dei bianchi. Dopo circa mezz’ora Angelo ci richiama, “l’autorità” del posto ha cambiato idea e vuole dei soldi per la nostra permanenza. Discutono un po’ e alla fine ce ne andiamo; ovviamente senza pagare.
Torniamo indietro, nel frattempo si è alzato vento e nel lago, grande come un mare, si formano le onde. qualcuno sta male e rimette fuori dalla barca, tutti siamo preoccupati perché al timone si è rimesso il tizio ubriaco. Inoltre non abbiamo la minima idea di quanta benzina ci sia ancora nel serbatoio.
La benzina a disposizione si dimostra sufficiente e torniamo a Mpulungu senza altri problemi. Sbarchiamo e Angelo, giustamente, si rifiuta di saldare l’importo dovuto affermando che quanto già dato era sufficiente per la benzina. In un chiarimento successivo ci dice che la mattina, il tizio era perfettamente sobrio e che, quasi sicuramente, ha utilizzato i soldi dell’anticipo per andarsi ad ubriacare.
Si va a fare la spesa per prendere il necessario per la cena e i pranzi dei prossimi giorni. Per l’occasione vengono prese anche delle uova da fare sode. In genere Angelo non ama prendere le uova, alcuni anni fa è stato male in uno dei viaggi, e da allora si rifiuta di mangiarle fuori dall’Italia. In questo caso si fa un eccezione perché richieste a gran voce da alcuni, tra cui il sottoscritto; comunque lui non le mangia.
Questa sera cucino io, fino ad adesso ho sempre dato una mano in cucina, e le ferite che porto lo dimostrano, ma questa sera sono io a dirigere i lavori. Prepariamo pasta (2 kg di spaghetti) conditi con soffritto di cipolle, melanzane, capperi, olive nere e passata di pomodoro. Ovviamente accompagnata da birra. Viene molto buona e tutti fanno il bis, come al solito non ne rimane.
15 agosto
Oggi è previsto l’imbarco sulla nave Liemba, ci si alza con calma e dobbiamo essere pronti per le 8. Angelo e Laura si sono alzati prima, in modo da essere già al porto all’arrivo della nave e prendere le chiavi delle cabine che abbiamo prenotato. Noi attenderemo un messaggio prima di
muoverci, e poi li raggiungeremo con tutti i bagagli.
Per chi non lo sapesse, la Liemba è una nave tedesca della prima guerra mondiale. Affondata, durante, o alla fine della guerra, è stata in seguito ripescata dagli inglesi che l’hanno utilizzata fino al 1961. Dopo tale data è stata ceduta al governo della Tanzania. E’ una nave da trasporto che fa avanti e indietro tra Mpulungu e Kigoma, per l’intera lunghezza del lago Tanganika, oltre 600 Km. Per molti di noi si tratta di una tappa molto attesa del viaggio, assisteremo a cose che voi umani non avete mai visto. E che probabilmente non vorreste vedere.
Finita la colazione e smontate le tende, alcuni di noi vanno a fare un giro. Ci dirigiamo al porto dei pescatori dove c’è anche un mercato. Un giro tra la popolazione incuriosita dai Muzungu (i bianchi) e poi andiamo oltre verso il luogo dove attende Angelo, per sapere le novità. Le voci nell’aria danno l’arrivo della Liemba per le 11, abbiamo ancora tempo. Angelo da a Morena gli ultimi soldi zambiani rimasti per farli cambiare in banca. La accompagniamo, e mentre siamo li, in attesa che ci diano l’equivalente in dollari, arriva un SMS. Fermi tutti, la Liemba è in ritardo e non arriva oggi.
Tornati al campeggio decidiamo cosa fare, Angelo riesce ad organizzare molto velocemente un programma alternativo: una visita alle Kalambo falls, questa volta via terra, non via lago.
Arriva uno scassatissimo pulmino che, vi assicuro, vorrei aver fotografato. E’ un Toyota Hiace che cade completamente a pezzi, i sedili rotti, portellone scassato e mezzo arrugginito. ovviamente le gomme sono lisce. All’interno fa un caldo infernale. Viste le premesse Katia, Patrizia e Stefano decidono di non venire e fermarsi al campeggio.
Partiamo, o meglio vorremmo partire, un altro dei villici locali si avvicina urlando e incomincia a discutere animatamente nel dialetto locale con il conducente. Probabilmente si tratta di una questione di soldi. Il conducente decide di ignorarlo e partire, e il tizio pensa bene di entrare dal finestrino dove siamo noi. Ci ritroviamo così con questo energumeno in canottiera che strilla e tiene l’ascella, non proprio profumata, attaccata al nostro naso.
All’ennesimo urlo da parte nostra, il conducente accosta e ci fa scendere: ce ne andiamo. L’energumeno decide che non è il caso di insistere e va via lui. Possiamo così risalire e ripartire.
L’autista guida come un matto, ma è bravo. Lungo il pezzo di strada asfaltata probabilmente va oltre i 100 km/h, e non è poco considerando la strada e le condizioni del pulmino. Dico probabilmente perché il tachimetro è rotto e segna sempre 0. Lasciata la strada asfaltata, continua a correre anche sullo sterrato, zigzagando in continuazione per evitare le buche.
Arriviamo ad un cartello che indica una distanza di un chilometro e mezzo dalle cascate, qui la strada diventa troppo ripida e sconnessa per continuare, andiamo a piedi.
Proseguiamo in ordine sparso, durante la discesa mi fermo a guardare degli animaletti che si trovano in un punto della strada. Mentre sono li, che ancora mi chiedo se possono essere pericolosi o no, Angelo mi urla “Togliti da li, che sono formiche rosse”. Ok, sono pericolose. Mi tolgo.
Arriviamo finalmente alle tanto attese Kalambo falls, ieri il destino sembrava avercele tolte, ma le abbiamo faticosamente riconquistate. Facciamo qualche foto e poi pranziamo con pane, pomodoro e le uova sode cucinate ieri sera. Dopo altre foto riprendiamo la strada verso il pulmino, questa volta in salita.
Nel viaggio di ritorno, l’autista riesce a correre ancora di più, evidentemente ha fretta di tornare a casa. Ripensandoci dopo, sarebbe bastato un niente per capovolgerci e rimanerci tutti secchi. Ci è andata bene.
Tornati al campeggio, mentre rimontiamo le tende, ci raccontiamo le rispettive giornate con i tre rimasti alla base. Loro hanno avuto una leggera discussione con una coppia di sudafricani dall’aria triste arrivati la sera prima. Secondo i sudafricani i nostri avevano una conversazione troppo rumorosa. Considerando che erano solo in tre, e tra l’altro i più tranquilli del gruppo, ci è venuto da sorridere.
Per la cena, i sudafricani ci hanno sfrattato dal nostro posto (incominciano a starmi sui coglioni), e ci tocca metterci in un tavolo più lontano, fuori dalla zona illuminata.
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