Great Rift parte 4
10 agosto
Sveglia alle 5:30, colazione e partenza alle 6. L’unica differenza rispetto è che oggi si viaggia su tre fuoristrada della land rover. Carichiamo i bagagli sulle auto e partiamo. Il bucato fatto ieri non si è asciugato e qualcuno tira dei fili per stendere all’interno dell’auto.
Destinazione del giorno, il Ruaha National Park, uno dei più grandi parchi africani di recente ingrandito e di oltre 20.000 km2. Al momento poco conosciuto e frequentato, si trova nel sud della Tanzania, al di fuori dei normali giri turistici. Nel punto in cui ci fermeremo non avremo acqua, dovremo portarci scorte sufficienti per la nostra permanenza.
Durante il tragitto facciamo sosta ad Iringa per fare la spesa al mercato. Prendiamo il necessario per il pranzo e la cena di due giorni. I prezzi sono molto più alti che in Malawi, e quando lo facciamo notare ci rispondono, si, ma quello è un paese povero.
Terminata la spesa si riparte, abbandoniamo presto la strada asfaltata per lo sterrato che ci porterà al parco. Bisogna dire che sul fuoristrada si sta veramente comodi. In ogni caso ci si riempie comunque di polvere.
Arriviamo al parco e ci dirigiamo verso la zona dove piazzeremo il campo. La zona si trova presso il fiume, ma è sopraelevata. La parete ripida verso il fiume ci pone al riparo da coccodrilli e ippopotami. Gli unici che possono ad arrivare li dal fiume sono gli elefanti; ed è evidente che ci sono passati, considerando le cacche che troviamo per terra. Per il posizionamento delle tende non ci sono particolari vincoli, basta rimanere nella zona. La mia la metto vicino alla scarpata, in modo da avere un lato protetto. Qualcuno segue il mio esempio, altri si posizionano più lontani nella zona centrale.
Al tramonto assistiamo alla scena di un gruppo di elefanti che arrivano al fiume per abbeverarsi. Ci sono adulti e cuccioli, con quelli più grossi che rimangono ai lati per fare la guardia. Sono piuttosto lontani e ci avviciniamo lentamente per osservarli meglio. Ci avviciniamo sempre di più, in ordine sparso, finché Luciano facendo rumore rivela la nostra presenza. Infastiditi dalla presenza di estranei, gli elefanti decidono di andarsene piuttosto velocemente. Peccato, era una bella scena.
Accendiamo il fuoco che dovremo far durare tutta la notte, per tenere lontani gli animali. Solito avvertimento di non tenere cibo nelle tende o nelle vicinanze; i cibi li terremo nei bidoni di plastica in una zona un po’ più distante. Prepariamo la cena, solita pasta, ma questa sera niente birra, non c’era nelle vicinanze. Non può comunque mancare il solito bicchierino, nel dopocena.
11 agosto
La notte è passata tranquilla, non si sono sentite iene o altri animali. E’ anche vero che ho il sonno pesante, e che quindi non li avrei sentiti comunque. Oggi è previsto un game drive attraverso il parco. A differenza dell’ultimo fatto con i fuoristrada, questa volta rimarremo tutti insieme. perché il nostro autista, Sanga, è l’unico dei tre che conosce il parco.
Partiamo con la nostra jeep in testa; sulle auto è stato aperto il tettuccio, in modo che alzandosi in piedi possiamo scattare più agevolmente le foto.
Incontriamo, e fotografiamo, elefanti, zebre, bufali e tantissime giraffe. Oltre agli onnipresenti impala.
Verso l’ora di pranzo ci fermiamo in una zona “sicura”, dove non ci sono leoni. Come facciano ad essere così sicuri dell’assenza di leoni o altri predatori, ancora non l’ho capito. In ogni caso scendiamo finalmente dalle auto e facciamo due passi. Avviene tutto molto velocemente, Luciano torna, non so da dove, agitando le mani intorno alla testa per scacciare degli insetti. Si incomincia a sentire ronzare. Inizialmente penso a delle mosche. Non erano mosche.
In breve ci troviamo tutti circondati da api che ci ronzano intorno incazzate nere. Incominciamo a scappare da tutte le parti, qualcuno verso il fiume: li no, ci sono i coccodrilli. Qualcuno si rifugia in auto, cosa perfettamente inutile visto che ci sono i finestrini e il tettuccio aperti. Circondato dalle api, utilizzo l’unica arma a mia disposizione, il repellente per zanzare: me lo spruzzo dappertutto, faccio quasi la doccia. Al grido di “via, via, via” entriamo nelle auto e scappiamo.
Poco dopo la partenza, l’auto dietro di noi si ferma all’improvviso e tutti escono velocemente, qualcuno dal tettuccio. Pensiamo ad altre api, poi vediamo del gran fumo e capiamo che qualcosa ha preso fuoco. La situazione è meno grave di quanto sembra, un corto sul cavo della radio ha causato una fiammata. Tanto fumo e pochi danni. Visto che siamo fermi, facciamo la conta dei “feriti”, sono stati punti quasi tutti. Io sono stato uno dei pochi che si è salvato, per gli altri, abbondanti dosi di pomata contro le punture. Terminate le medicazioni, considerando che siamo in una zona teoricamente con leoni, risaliamo nelle auto e ripartiamo. Più tardi, ci rifermiamo in un’altra zona campeggio e lì pranziamo.
Dopo il pranzo e circa un ora di pausa riprendiamo il giro. Troviamo la carcassa di un kudu, è quasi completamente spolpata, ma non può essere più vecchia di 48 ore. La puzza di cadavere è infernale, ma la buona notizia è che i leoni devono essere nelle vicinanze. Li cerchiamo e dopo un po’ li troviamo, si trovano nel letto asciutto di un fiume. Sono piuttosto lontani, ma purtroppo la vegetazione ci impedisce di avvicinarci di più, nonostante si disponga di fuoristrada.
Continuiamo il giro. Più tardi ci fermiamo in una zona tranquilla presso il fiume. Qui è sicuro, e si può scendere dall’auto. In questo punto il fiume è pieno di ippopotami e coccodrilli. Rimaniamo per circa mezz’ora a guardarli e a scattare fotografie. Ovviamente a distanza di sicurezza.
Riprendiamo il giro, ormai all’appello mancano solo i leoni. L’avvistamento di prima non può essere considerato soddisfacente. Proseguendo lungo il fiume, che in questo punto è quasi secco, dopo un bel po’ di strada vediamo un’altra famiglia di leoni. Sono molto distanti, sull’altra riva del fiume e stanno mangiando una preda. Facciamo qualche foto, leggermente invidiosi per un auto che, avendo fatto un giro molto diverso, si trova dall’altra parte, vicino ai leoni. E’ quasi ora di rientrare, dopo un certo orario non si può più girare per il parco. Proseguendo lungo la strada, quasi allo scadere del tempo a disposizione troviamo un leone.
E’ un maschio ed è accucciato con l’aria leggermente triste ed annoiata. Gli facciamo qualche foto, ci allontaniamo un attimo per vedere dei bufali e poi torniamo dal leone. Si trova alla nostra sinistra e continua ad avere l’aria triste e annoiata. Il nostro autista Sanga, che si trova sul lato destro, ha la brillante idea di scendere dall’auto. Finché si trova nascosto dalla macchina o parzialmente coperto dal cofano non viene riconosciuto. Come supera completamente la macchina e diventa interamente visibile, vediamo lo sguardo del leone cambiare, è quello di un predatore. E’ uno sguardo che fa paura, e il ruggito non serve a tranquillizzarci. Sanga rientra lentamente in auto, spiegandoci che è una cosa che fa spesso. Certo che, se continua così, non continuerà a farlo per molto.
E’ ora di rientrare, il tempo a nostra disposizione è scaduto. L’autista ci chiede se siamo soddisfatti, sicuramente si, e ci riporta al campo. All’arrivo Angelo prende gli autisti in disparte, gli parla e poi li manda “in missione”.
Incominciamo a preparare la cena, questa sera prepariamo… pasta. Solito condimento che ci piace tanto con melanzane, peperoni e soffritto di cipolle. Dopo circa un ora, quando è quasi pronto, gli autisti rientrano dalla “missione”. Ci hanno portato… le birre!!! E’ un bel modo per festeggiare la giornata.
12 agosto
Come al solito sveglia alle 5 con partenza alle 6. E’ giunto il momento di lasciare il Ruaha, il più bel parco fino ad ora visitato. Un’ultima occhiata al campo e al panorama e incominciamo a smontare le tende. Finito di smontare e preparare i bagagli incominciamo a caricare sui fuoristrada. Mentre faccio avanti e indietro con la roba, sento una fitta fortissima sotto il piede. Lancio un urlo di dolore, poi, visto che l’urlo non mi ha soddisfatto completamente, urlando aggiungo “Ahi”.
Sollevo il piede e sotto la pianta vedo una spina di acacia. La spina, lunga 7-8 cm ha trapassato completamente la suola; la sfilo e zoppicando mi avvicino alla macchina. Tolgo la scarpa e il calzino, ormai pieno di sangue e guardo il piede. Il buco è molto piccolo, anche se profondo e ha già smesso di sanguinare. Disinfettiamo e metto un cerotto. Spero solo che non faccia infezione.
Ripartiamo e gli altri fuoristrada, che per tutta la giornata di ieri sono rimasti dietro il nostro, decidono di superarci e passare avanti.
Usciamo dal parco e dopo qualche minuto, lungo la strada sterrata che stiamo percorrendo troviamo uno dei fuoristrada del gruppo. Gli occupanti sono scesi e fanno segno di fermarci. Lungo la salita hanno incontrato una bici che procedeva in senso opposto, L’uomo sulla bici, per spostarsi e lasciare spazio alla macchina ha sbandato ed è caduto malamente lungo la discesa. Alla bici si sono rotti i freni. Mentre Angelo e altri prestano le cure mediche al malcapitato, con altri tre teniamo ferma la bici, mentre uno degli autisti ripara i freni. Dato il carico è pesantissima e a stento riusciamo a tenerla ferma. Finite le medicazioni e riparazioni salutiamo e riprendiamo il nostro viaggio.
Torniamo presto sulla strada asfaltata e l’autista schiaccia un po’ troppo sull’acceleratore. Veniamo fermati da un poliziotto con un autovelox a pistola che fa notare la nostra velocità. Pensiamo ad una multa, ma si limita ad un rimprovero. Ripartiamo e dopo pochi minuti veniamo fermati da un altro poliziotto, per lo stesso motivo. Allora è un vizio. Pure qui, evitiamo miracolosamente la multa e ripartiamo. come per l’andata, facciamo sosta ad Iringa per una spesa al mercato.
Tornati a Mbeya, torniamo allo stesso ostello che ci aveva ospitato due giorni prima, quello con le camere senza bagno e le docce fredde. Questa volta, fredda o non fredda, una doccia la devo fare. Armato di tutto il coraggio che ho, dopo il bucato, mi infilo sotto la doccia. Un urlo al primo impatto, ma poi riesco a lavarmi. All’uscita incontro Bernardo che mi chiede come è. Piacevolmente fresca. Quando Bernardo rientra in camera, ancora tremando per il freddo, mi ripete la mia frase “piacevolmente fresca”.
Per la cena abbiamo prenotato nuovamente al sombrero. Questa volta abbiamo chiesto di mettere in fresco le birre e se potevamo avere del beef. Entrambe le nostre richieste vengono accolte, birre fresche e dopo tanti giorni, un po’ di carne vera. La carne, a dire il vero, è un po’ dura; da quelle parti non hanno ancora capito che bisogna tagliare la carne in un certo modo, per renderla più buona e tenera, loro tagliano come capita. In ogni caso, finalmente un po’ di carne vera.
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