Yokoso Japan (Benvenuti in Giappone) – parte 3
25 aprile – da Takayama a Kyoto
Oggi era previsto un giro per il paese e la visita alle antiche case dei mercanti. Purtroppo piove dalle 5 del mattino, e non è una pioggerellina leggera, è un vero diluvio. Il programma è saltato. Tutti concordi che è inutile continuare a perdere tempo a Takayama, è meglio anticipare la partenza per Kyoto. Piccolo problema, la vacanza sta costando più del previsto, i soldi che ho portato e cambiato non saranno sufficienti. Devo utilizzare la carta di credito per ritirare qualcosa.
Sappiamo già, dalle guide, che i normali terminali ATM non sono utilizzabili, vanno bene solo per le carte giapponesi. Per le carte straniere bisogna utilizzare gli ATM che si trovano negli uffici postali. Visto che abbiamo individuato un ufficio postale vicino e che dobbiamo aspettare per un treno utile, decido di andare subito a ritirare, anche se al momento non ne ho una effettiva necessità. Vado con Filippo che ha il mio stesso problema. Brutta sorpresa, lui riesce a ritirare, a me la transazione viene negata. Tornato al tempio e rintracciato su internet il numero di assistenza della carta, che va utilizzato dall’estero (la prossima volta me lo devo portare in anticipo), li chiamo. Vengo informato che la carta è a posto, ma per i prelievi c’è un limite di 300 euro (il tentativo di prelievo li superava di poco). Perfetto, riproverò a Kyoto.
Vista la pioggia torrenziale, utilizziamo dei taxi per andare alla stazione, il treno è previsto per le 11:35. A quel punto ci preoccupiamo per il pranzo, a quell’ora saremo in treno e bisogna procurarsi in anticipo qualcosa da mangiare. Andiamo quindi in un supermercato quasi attaccato alla stazione. Qualcuno prende dei tramezzini (si, ci sono anche quelli), qualcuno dei biscotti. Girando tra i banchi frigo trovo quello che cerco, del sushi. Perfetto. Alla cassa mi danno delle bacchette sigillate da utilizzare. A quindici minuti dalla partenza del treno, Guido si accorge di aver dimenticato la borsa (con macchina fotografica ecc) dentro il taxi. Ormai il treno è perso, cerchiamo un modo per rintracciare il taxi che ci ha portato qui. Mentre siamo al telefono con il tempio, cercando di rintracciare il taxi, a 4 minuti dalla partenza del treno, arriva il tassista di corsa, con la borsa che si è accorto avere nel taxi. Ce la consegna scusandosi (di cosa?), noi ringraziamo e corriamo a prendere il treno all’ultimo minuto.
Per quanto riguarda il pranzo, so che ci tenete a saperlo, lo consumo verso le 13:00 sul treno per Nagoya. Il sushi risulta essere più artigianale di quello che si compra nei supermercati qui in Italia, ma è molto buono. Peccato per la mancanza di salsa di soia e del wasabi. Nei prossimi giorni vedrò se sarà possibile ripetere questo modo di pranzare.
Il treno arriva a Nagoya alle 14:01, lo Shinkansen di tipo ‘Hikari’ verso Kyoto parte alle 14:11, abbiamo ben 10 minuti di tempo per trovare e raggiungere il binario del nostro treno. Una bella cosa dei treni giapponesi è che sono puntualissimi, deve arrivare alle 14:01, arriva alle 14:01. Prendiamo il nostro treno e puntualissimi, alle 14:11 partiamo.
Arriviamo con la pioggia e ci rechiamo al Hida Hotel, che si trova vicino alla stazione. E’ un ryokan che offre le stanze in stile giapponese (tatami e futon per dormire), particolare negativo che non ha le docce in camera, ci sono quelle comuni al piano -1. Lasciata la valigia in stanza esco per ritirare i soldi e cercare una lavanderia. Soldi finalmente ritirati, lavanderia non trovata. Appuntamento alle 17:30 nella hall dell’albergo. Decidiamo di fare un giro per la stazione, fino all’ora di cena. Non è un giro piccolo, a parte la stazione, enorme, c’è un centro commerciale di 11 piani da visitare.
Per cena giriamo parecchio prima di trovare un locale con dei posti disponibili, alla fine ci fermiamo in un locale, distante 50 metri dall’albergo, che inizialmente avevamo scartato perché ci era sembrato troppo caro. Ordiniamo e, mentre incominciamo a mangiare, si avvicina un giapponese distinto, in giacca e cravatta che ci chiede da dove veniamo. E’ entusiasta nel sapere che siamo Italiani, ci dice che è stato due volte in Italia e gli è piaciuta moltissimo. E’ evidente che è ubriaco, e mentre ci versa della birra che ci ha offerto, ne fa finire una parte sul tavolo. Per tutti i bicchieri che riempie. In seguito ci fa arrivare 4 piatti di pesce crudo (sashimi) bianco, probabilmente calamaro. E’ entusiasta nel sapere che ci piace la birra giapponese e ci fa arrivare altre due bottiglie. Noi vorremmo ricambiare il gesto e offrire qualcosa da bere, ma i camerieri ci fanno segno di no, ha già bevuto abbastanza.
A fine cena arriva il cameriere per informarci che il pasto è stato offerto dal tizio in questione. Alle nostre perplessità si avvicina la moglie di questo spiegandoci che è un uomo importante e che è felicissimo di offrirci la cena. Imbarazzati proviamo a protestare, ma vuole a tutti i costi pagare lui. Alla fine accettiamo e ringraziamo. Facciamo anche qualche foto tutti insieme, con la promessa di inviargliele via email. Finita la cena passeggiata nel quartiere e poi a dormire.
Gli zaru soba
Abbiamo avuto modo di provare questo piatto nel ristorante di Takayama. I soba, come gli udon sono una specie di spaghetti. i primi sono sottili e di colore scuro, i secondi più grossi e di colore chiaro. La preparazione ‘zaru’ consiste in dei soba, serviti freddi in una specie di piatto quadrato di bambù, conditi con delle erbette. Viene servita una coppetta (vuota) e una brocchetta contenente salsa di soia. La soia va versata nella coppetta e per mangiarli bisogna prima immergerli nella salsa. Facoltativamente si può aggiungere anche del wasabi. Al termine del pranzo si versa tutta la salsa di soia rimasta, nella coppetta e si aggiunge una specie di liquido biancastro di cui ignoro la composizione. Il risultato è una specie di liquido piuttosto pastoso che va bevuto.
26 aprile – Kyoto e Himeji
Sveglia alle 6:45 e partenza alle 7:30. Questa mattina ho provato le docce comuni. Sono in stile giapponese, con la doccia molto bassa, e fornite di uno sgabellino su cui bisognerebbe sedersi. Bisogna premere in continuazione il pulsante per fa uscire l’acqua. Tutto sommato piuttosto scomode. Finita la doccia, vedo in un angolo una (unica) doccia in stile occidentale. Domani utilizzerò quella.
Oggi è previsto lo spostamento a Himeji, con la visita del castello e dei giardini. Prendiamo uno Shinkansen che ci porta ad Himeji in circa un ora, la giornata è piuttosto coperta e minaccia di piovere. Lo sapevamo in anticipo, per questo, per oggi, abbiamo scelto la gita al castello. Incominciamo dal castello, pure questo dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Risale al 1600, imponente e di colore bianco è uno dei pochi ad essere arrivato intatto ai giorni nostri. La visita prevede un percorso guidato che prima fa fare un giro intorno alla parte esterna, e poi permette la visita dell’interno. La parte esterna è bellissima, l’ho fotografata da tutte le angolazioni e tutte le distanze. Molto particolare la forma dei muri difensivi, curvi, che più si va verso l’alto più diventano ripidi.
L’interno è visitabile per intero, per tutti i 7 piani, attraverso delle scale di legno che diventano sempre più strette. Non è bello come la parte esterna, ma è comunque interessante. E’ tutto di legno e per visitarlo bisogna essere scalzi. Visto che il percorso prevede l’uscita in un punto diverso da quello di entrata, devi portarti dietro, per tutto il percorso, le scarpe. Per il trasporto, ti forniscono all’entrata, una busta di plastica, che ti chiedono di restituire all’uscita.
Finita la visita del castello, passiamo ai giardini Koko-en. Bellissimi giardini, nel classico stile giapponese, con ponticelli, ruscelli e piccole cascate. Molto colorato e vario merita un sacco di fotografie. Peccato che per la presenza delle nuvole, i colori non erano quelli che sarebbero dovuti essere.
Dopo le visite, viste le solite discussioni per il pranzo, alla fine ci dividiamo. Qui il nostro gruppo, in una vietta laterale, trova un posto economico dove fermarsi. Il pasto completo, a base di riso, maiale, miso soup, e verdure varie viene solo 600 yen. (A questi vanno aggiunti altri 150 yen per una bottiglia di birra che abbiamo diviso in 4).
Dopo pranzo, vista la giornata coperta e la minaccia di pioggia decidiamo di rientrare a Kyoto. Arriviamo alla stazione giusto in tempo (2 minuti) per prendere l’Hikari che ci riporta a casa. Il successivo sarebbe stato dopo un ora. Nel pomeriggio, un mal di testa fortissimo mi costringe a letto per riposare.
Ci vediamo nella hall alle 20:00. Vorremmo provare un ristorantino visto ieri che era pieno, ma oggi è chiuso. Ripieghiamo nello stesso locale di ieri. Purtroppo il gentilissimo signore che ieri ci ha offerto la cena, oggi non c’è. Prendo un piatto (da 1300 yen) con dei pezzetti di carne di manzo con cipolla e una specie di gamberone fritto. Buona la prima, leggermente pesante il secondo. Ad accompagnare il tutto un’insalatina, una specie di tubero lesso con retrogusto di pesce (che a qualcuno non è piaciuto) e dei non meglio identificati pezzetti di roba scura piuttosto insapore. Ovviamente immancabile il riso bianco e la miso soup. Prendo anche una birra grande 7-800 cc che mi costa la folle cifra di 950 yen. Mai più. Dopo cena passeggiata molto breve, si sta mettendo freddo e ricomincia a piovere.
Una volta in albergo decido di provare la vasca di acqua calda nelle docce comuni, una specie di Onsen privato. Doccia di rito per lavarsi e poi mi immergo lentamente nella vasca. L’acqua è caldissima, anzi bollente, a malapena sopportabile. E, detto da uno che ama le docce bollenti, è indicativo di quanto sia calda. Rimango per qualche minuto immerso a riposarmi, poi completamente lessato e rosso come un gambero, esco, mi asciugo e vado a dormire.
Il Japan Rail Pass
I treni giapponesi sono veloci e puntuali, ma sono anche piuttosto costosi. In particolar modo gli Shinkansen. Per chi volesse fare un giro in Giappone, utilizzando la rete ferroviaria (è il modo migliore), esiste il Japan Rail Pass. Si tratta di un permesso, acquistabile solo dagli stranieri e solo fuori dal Giappone, che consente, nel periodo indicato, l’utilizzo illimitato di quasi tutti i treni. Sono compresi anche gli Shinkansen ad esclusione dei Nozomi.
Il pass può avere una validità di 7, 14 o 21 giorni. Il prezzo, nel momento in cui scrivo, è di 28300 yen per quello da 7 giorni, 45100 yen per quello da 14 giorni e di 57700 per quello da 21 giorni. Il pass va acquistato all’estero, ed una volta in Giappone va attivato in uno degli uffici della Japan Rail, indicando quale deve essere il primo giorno di validità. Trattandosi di un cartoncino non può essere utilizzato nei normali tornelli di passaggio, ma va utilizzato in un varco dove è presente un controllore. Il pass è personale e va utilizzato con un documento di riconoscimento.
27 aprile – Miyajima e Hiroshima
Sveglia alle 6:45, pronti alle 7:30. anche questa mattina mi reco nella doccia comune. Oggi utilizzo quella occidentale. Che è gelata. Se c’è una cosa che odio, è la doccia fredda. In ogni caso proseguo, accorgendomi alla fine che quelle in stile giapponese hanno l’acqua calda!
Colazione allo stesso baretto francese della stazione (piano -2), e prendiamo lo stesso Shinkansen Hikari delle 8:22 che abbiamo preso ieri. Oggi proseguiamo fino ad Hiroshima e ci aspettano circa 2 ore di treno. Il programma della giornata prevede due cose, la mattina la visita all’isola sacra di Miyajima, il pomeriggio la visita ad Hiroshima. Arrivati ad Hiroshima, prendiamo un treno locale che ci porta in pochi minuti a Miyajima-guchi, la stazione ferroviaria di fronte all’isola. Da qui prendiamo il traghetto (non occorre pagare, è valido il JR pass), che attraversa in pochi minuti il piccolo tratto di mare che separa l’isola dalla terraferma.
L’isola di Miyajima, ricca di templi buddisti e santuari shintoisti è famosissima per il torii in mezzo al mare, che risulta essere una delle tre cose più fotografate del Giappone. Il famoso torii è visibile già dal traghetto, che fa un giro largo per passare proprio avanti, dando modo di fare le prime fotografie dal mare. Sbarcati sull’isola abbiamo la prima sorpresa, l’isola è piena di daini che che passeggiano tranquillamente. Non solo non hanno paura dei turisti, ma anzi si avvicinano aspettandosi di ricevere qualcosa da mangiare. La nostra capogruppo, che si era portata un plum cake dalla colazione, viene praticamente assalita da uno di questi, che pretende di mangiarselo. Tra gli strilli della capogruppo e le risate dei turisti giapponesi, ci tocca intervenire per strappare dalla bocca del daino la plastica della confezione…
Andiamo a visitare il santuario Itsukushima-jima, dove c’è il famoso torii. Il santuario, di colore arancione, è costruito su palafitte. La porta di accesso, il famosissimo torii, si trova in mezzo al mare, anche se, durante la bassa marea, arriva a trovarsi all’asciutto sulla sabbia. Nel momento in cui l’abbiamo visto noi si trovava in acqua, che è forse il momento migliore per le fotografie. Finito il giro del santuario, facciamo una piccola passeggiata senza allontanarci troppo dalla zona, e poi pensiamo al pranzo.
La specialità dell’isola sono le ostriche, che vengono preparate in tutti i modi, Assolutamente da provare sono le ostriche alla griglia, che abbiamo preso in uno dei negozietti locali. Per pranzo ci siamo fermati in ristorantino dove abbiamo preso (questa volta scelta unanime) una zuppa con udon e ostriche. Veramente ottima (oggi niente riso bianco e miso soup). Terminato il pranzo, il tempo a nostra disposizione è finito e facciamo il percorso inverso fino ad Hiroshima.
Arrivati ad Hiroshima prendiamo il tram N. 2 (in alternativa c’era anche il 6) che ci porta nella zona del Peace Memorial. Incominciamo la visita con l’ A-bomb Dome, l’unico edificio sopravvissuto all’esplosione della bomba atomica che il 6 agosto 1945 ha distrutto la città. L’edificio in questione, ridotto a poco più di uno scheletro, si trovava esattamente sotto il punto dell’esplosione.
Successivamente visitiamo il parco, dove ci sono il cenotafio (in cui sono riportati i nomi di tutte le vittime), e il Children’s Peace Monument, dedicato alla piccola Sadako, in memoria della sua tristissima storia. Per terminare, la visita al museo dove sono raccolte le testimonianze di quanto accaduto e gli effetti dell’esplosione della bomba atomica. Il biglietto ha un prezzo simbolico di 50 yen. All’uscita, tutti visibilmente colpiti, prendiamo il tram fino alla stazione, e da li lo Shinkansen che ci riporta a Kyoto. Arriviamo a Kyoto alle 19:58.
Per cena, solito giro di ristoranti, quello che avevamo visto il primo giorno ed era pieno, e che era chiuso il secondo giorno, si rivela essere u ristorantino con i tavoli in stile giapponese (tavoli bassi e seduti sui cuscini). Questo non va bene per i problemi fisici che alcuni di noi incominciano ad avere, dobbiamo rinunciare. Anche il nostro ‘solito’ ristorante vicino all’albergo non è utilizzabile, tutti i tavoli sono prenotati ed è disponibile solo una saletta con il tavolo in stile giapponese.
Continuando il giro troviamo un ristorante che prepara dei piatti di carne di maiale alla griglia, decidiamo di provarlo. Al tavolo il menu mostra un disegno del maiale, indicando tra quali parti scegliere (con relativi prezzi). E’ disponibile qualsiasi parte del maiale, incluse la lingua, le orecchie e le interiora. Per non rischiare scegliamo tutti il filetto, leggermente più costoso del resto, ma sicuramente buono. Per accompagnare la cena, prendiamo birra, riso bianco e insalata.
L’insalata contiene le solite foglie verdi, pomodori, abbondanti pezzi di tofu, e altri pezzi più piccoli, probabilmente alghe che conferiscono il classico sapore ‘giapponese’ a cui siamo ormai abituati. Per condire, salsa di soia. A causa di questo ‘sapore giapponese’ non piace a tutti, personalmente l’ho trovata molto buona. Per quanto riguarda la carne, ci mettono del carbone acceso in un braciere al centro del tavolo, e ci cuciniamo da soli i pezzi di filetto, tagliati in fettine sottilissime. Pure questa molto buona.
Costo totale 2300 yen, per una cena non abbondantissima, ma sicuramente da consigliare. Al termine della cena, ritorno in albergo, piccolo bucato, e poi a letto.
La storia di Sadako Sasaki
Aveva due anni, quando la bomba atomica sganciata su Hiroshima esplose a 2 km da casa sua. Ne uscì apparentemente indenne. All’età di 12 anni, durante una gara di atletica si sentì male. Visitata, le fu diagnosticata la leucemia, come conseguenza delle radiazioni. Sadako si mise a costruire gru di carta, con la tecnica dell’origami, nella speranza che se ne avesse fatte 1000, sarebbe guarita (secondo la tradizione giapponese la gru è simbolo di lunga vita).
Secondo alcune versioni della storia, quando morì aveva superato abbondantemente le 1000, secondo altre versioni ne aveva costruite solo 644 e le restanti furono fatte dai compagni di scuola. Tutte le gru furono sepolte con lei. Dopo la sua morte, fu costruito il monumento in memoria sua e di tutti i bambini morti per lo scoppio della bomba. Da allora i bambini giapponesi portano, o inviano, le loro gru di carta che vengono raccolte in delle teche alla base del monumento.
28 aprile – Nara
Ultimo giorno di validità del JR pass. Credo che mi mancherà il poter passare liberamente, mostrando un tesserino. Il programma di oggi prevede la visita a Nara, l’antica capitale. Incominciamo la giornata con una bella litigata con i gestori dell’albergo. Le docce comuni riservate alle donne sono ancora guaste, e pretendono che si utilizzino tutti quanti le stesse docce facendo i turni. Questo ryokan risulta essere sempre più scadente, se in futuro dovessi fare un altro salto in Giappone, per la visita a Kyoto sceglierò un altro posto. Ne ho visti molti nella zona, molto più carini, puliti e con maggiori servizi.
Colazione al solito baretto francese della stazione, e poi prendiamo il Nara Line, un trenino locale che a quanto pare si ferma in tutte le stazioni e stazioncine tra Kyoto e Nara. Abituati ai velocissimi Shinkansen, sembra di andare a piedi.
Arrivati a Nara, raggiungiamo facilmente la zona con i templi, tutti situati in un grande parco. La zona è piena di scolaresche che si muovono in gruppo, partendo dai bambini dell’asilo fino a quelli più grandi del liceo, tutti con la rispettiva uniforme. Quelli più grandi contentissimi di farsi fotografare. Anche qui, come l’isola di Miyajima, è pieno di cervi che si muovono senza alcun timore tra le persone, in cerca di qualcosa da mangiare. A differenza di quelli visti ieri, questi stanno perdendo chiazze di pelo, segno che, col clima più caldo, hanno già cominciato la muta.
Incominciamo il giro visitando il Todai-ji temple, il più famoso della città. Il tempio buddista, costruito originariamente nel 700, fu distrutto varie volte da incendi e terremoti. L’ultima ricostruzione risale al 1600, e risulta essere la costruzione in legno più grande del mondo. All’interno c’è una gigantesca statua in legno ricoperta di bronzo alta 16 metri. L’interno si può fotografare liberamente, purtroppo, date le scarse condizioni di luce, le foto non vengono benissimo.
Passiamo successivamente al Kasuga Taisha, un santuario shintoista famoso per le numerosissime lanterne. Scegliamo di non entrare, fotografando solo l’esterno. Si è fatta ora di pranzo e abbiamo fame.
Troviamo un ristorantino che ci piace, situato tra i due templi principali. Prendiamo una zuppa di udon con tempura, una frittura con una specie di pastella. Nel brodo sono presenti grandi quantità di alghe ed erba cipollina. Molto buona, non abbiamo avuto modo di mangiarlo spesso il tempura. Dopo, lungo la via, prendo in una bancarella un dolce di riso con del caramello. Non orribile, ma sicuramente inferiore rispetto alle aspettative. Da non ripetere.
Sulla via del ritorno del treno era prevista la visita ad un altro tempio, ma a quanto pare non è possibile. Impiegheremmo troppo tempo a raggiungerlo, rischiando di trovarlo chiuso. Decidiamo di rientrare prima a Kyoto, in modo da visitare Gion, il quartiere delle geishe. Arrivati verso le 17:00, avendo un po’ di tempo libero, ne approfitto per cercare la lavanderia a gettoni e fare il bucato. Come al solito, la mappa artigianale fornita si rivela essere sbagliata, ma grazie alla cortesia di un giapponese della zona, riesco a raggiungere la sospirata lavanderia.
La lavanderia, più che in Giappone, la vedrei bene in qualche quartiere malfamato dell’America Latina (non so come siano, ma li immagino così). Il posto è deserto, con tante lavatrici ed enormi asciugatrici. In vari punti si notano varie macchie di ruggine. Le sedie mezze rotte e le pareti scrostate, non migliorano l’immagine dell’ambiente. E’ un quadro molto diverso dal Giappone tecnologico o tradizionale, ma comunque pulito, che avevo visto fino ad ora. Nella lavanderia, tra il ciclo di lavaggio e quello di asciugatura passo quasi un ora. Nell’attesa butto giù qualche riga per il racconto di viaggio. L’attesa è comunque lunga e noiosa, annoto che per un prossimo viaggio in Giappone (o altra zona civilizzata) mi dovrò dotare di un netbook (mini portatile) per passare il tempo in maniera migliore. Nell’attesa mi faccio anche una cultura sui manga, i fumetti giapponesi.
Tornato in albergo, ci rechiamo alla stazione, e da lì con un autobus raggiungiamo Gion, il famoso quartiere delle geishe. Facciamo un giro veloce e poi, visto che abbiamo fame, ci fermiamo in un locale per provare l’okonomiyaki, una specie di frittata. Si rivela essere un piatto buonissimo, che piace molto a tutti (è la prima volta che qualcosa piace a tutti). E’ talmente buono che ne prendiamo altri 3 da dividere. Per accompagnare boccale di birra.
Dopo cena continuiamo la passeggiata raggiungendo il vicolo Pontocho, il più famoso della zona, nella speranza di vedere qualche geisha. Niente da fare, sono pochissime e, facendo una vita molto ritirata, sono molto difficili da vedere. Essendoci praticamente persi, torniamo in albergo prendendo due metro che ci costano 360 yen. Sono distrutto e come ultima cosa mi vado a rilassare nel vascone dei bagni comuni. Dopo essere rimasto a lessarmi per 5 minuti, vado a concedermi il meritato riposo.
Le bacchette
I ristorantini giapponesi dove ci fermavamo per pranzo e cena, hanno questa caratteristica, sono pensati per i giapponesi, non per i turisti. Coltello e forchetta non sono minimamente previsti, non sanno nemmeno cosa sono. Di conseguenza l’unico modo per mangiare sono le bacchette, se non le sapete usare è un problema vostro, non loro. (Se pensate di fare un viaggio in Giappone tenetene conto, in un modo o nell’altro dovrete imparare ad usarle).
Caratteristica delle bacchette fornite nei ristoranti è quella di essere monouso, dopo l’utilizzo vanno buttate. Per garantire l’unicità dell’utilizzo, le bacchette vengono create da un unico pezzo di legno, lasciando attaccata la parte finale, vicino all’impugnatura. Per utilizzarle bisogna spezzare l’ultima parte che ancora le unisce, quindi, a meno di non usare della colla per riattaccarle, le bacchette vengono usate una volta sola.
Nota. le bacchette che vengono usate nei ristoranti giapponesi sono più corte di quelle che vengono fornite nei nostri ristoranti cinesi.
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