Great Rift parte 8

22 agosto

congo virunga 4

Sveglia alle 5, con partenza alle 6. Riprendiamo le vecchie abitudini. Il programma di oggi prevede il rientro a Kigali in Rwanda per ricongiungerci con il resto del gruppo. Proseguiremo poi per il lago Kivu. Il progetto iniziale di visitare l’Akagera National Park è stato cancellato. A quanto pare il parco è ormai quasi deserto e l’animale più comune è la mucca. Il lago Kivu dovrebbe essere più interessante.

Sono ancora stanchissimo per la giornata precedente. Faccio colazione e mi muovo molto lentamente, con le articolazioni delle gambe doloranti. In questo momento considero il viaggio concluso, abbiamo passato la parte migliore, concludendo alla grande con i gorilla. Quello che ci aspetta da adesso fino alla partenza sarà un’attesa scarsamente interessante. In questo momento è la mia convinzione. Avrò modo di ricredermi.

Smontiamo le tende e carichiamo i bagagli, ancora non lo sappiamo, ma quella trascorsa, è stata l’ultima notte passata in tenda. Partiamo e dopo qualche chilometro facciamo l’ultimo passaggio di frontiera, il decimo dall’inizio del viaggio. Incominciavamo a non poterne più. Durante la sosta lascio ad una donna con un bambino il giacchetto in pile, preso al mercatino in Malawi, qualche secolo fa. E’ molto contenta e lo indossa subito, orgogliosa del nuovo capo di abbigliamento.

Ripartiamo, sosta successiva, il chiosco di spiedini dove ci si era fermati all’andata. Questa volta, li voglio assaggiare anche io. Non ho soldi rwandesi, mi faccio finanziare da Morena, le renderò l’equivalente in dollari. Per due dollari prendo quattro spiedini e due patate arrostite di medie dimensioni. Gli spiedini sono fatti con i soliti pezzi di carne, tagliata come capita. Sono leggermente duri e può capitare qualsiasi parte dell’animale, ma anche grazie alla salsetta di condimento, sono molto buoni.

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Arrivati a Kigali breve sosta all’albergo per caricare Katia, Adele, Sergio e i rispettivi bagagli. Prima di ripartire e lasciare la capitale, facciamo visita al Kigali Memorial Centre.

Il centro, aperto nel 2004, raccoglie i documenti e le testimonianze del genocidio avvenuto nel 1994, quando l’etnia degli Hutu si mise a massacrare l’etnia dei Tutsi senza che il resto del mondo muovesse un dito per fermarli. Furono uccise quasi un milione di persone. Al motto di “Genocide never again”, si percorre l’intero complesso, ricco di foto, video e articoli di giornale. E’ fatto molto bene, è più che evidente l’impronta europea nella realizzazione del progetto. Giriamo per il complesso, al cui interno non si possono fare foto, per oltre un ora e mezza. Il giro, che comprende documenti e testimonianze sempre più drammatiche, si conclude in una grande sala piena di ossa. All’esterno dell’edificio, ma sempre all’interno del complesso, ci sono le fosse comuni dove è stata sepolta una piccola parte delle vittime.

La visita successiva la facciamo ad una chiesa appena fuori città. E’ una delle tante chiese dove ci sono stati i massacri. In questa, in particolare, furono uccise circa dieci mila persone che si erano rifugiate, sperando di essere al sicuro. All’interno, sono rimasti solo i vestiti delle vittime. Ormai ridotti degli stracci, sono gettati a mucchi sulle panche, dietro l’altare e in tutte le zone libere della piccola chiesa. E’ una scena piuttosto impressionante.

Lasciata Kigali nel tardo pomeriggio, ci dirigiamo verso il lago Kivu, i chilometri non sono tantissimi e la strada è asfaltata. Nonostante ciò ci mettiamo più di tre ore per raggiungere il lago, la strada collinare, con continue salite e discese non si può percorrere oltre una certa velocità.

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Arriviamo al lago che è già buio da molto, e abbiamo anche dovuto fare una breve sosta perché l’autista si stava addormentando. Dobbiamo trovare un posto per dormire. La guesthouse che conosceva l’autista non c’è più, è chiusa. Siamo fortunati, incontriamo una persona locale che si offre di accompagnarci in un altro albergo. Ci portano così alla Bethanie guesthouse, che si rivela essere un posto splendido.

Angelo va a contrattare per le camere e la cena. Rinunciamo così all’ultima notte in tenda, ottima cosa, visto che poco dopo inizia una pioggia torrenziale. Le camere da due. sono grandi, con bagno e pulite. Forse non pulitissime, secondo gli standard occidentali, ma molto, considerando il continente in cui ci si trova. Mi butto sotto la doccia, non caldissima, ma nemmeno fredda. Con i k-way raggiungiamo la zona ristorante, dove ci aspetta, indovinate, una cena a base di pollo, riso e patate fritte. Da bere?

Esatto! Birra.

Al termine della cena ci ritroviamo davanti alla stanza di Angelo per un goccio di Gin e due chiacchiere. Poi, più tardi si va a dormire, domani la colazione è alle 8:30 (stiamo prendendo brutte abitudini).

23 agosto

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Sveglia con calma per essere giù per colazione alle 8:30. Per essere precisi mi alzo con calma, ormai mi sono abituato a svegliarmi presto, anche quando potrei dormire. Vado in bagno, torno a letto, mi rialzo stando attento, ma non troppo, a non svegliare Bernardo che, nel suo letto, dorme profondamente. Alla fine arriva l’ora della sveglia e ci si alza. La giornata è limpida, con un bel sole. Considerando la pioggia che c’è stata ieri sera, è davvero fantastica. Una volta vestito, scendo giù al ristorante per la colazione. C’è già qualcuno.

Il tavolo è all’esterno del ristorante, quasi in riva al lago. Le persone presenti, e quelle che arrivano, mi fanno gli auguri. Che bello, si sono ricordati del mio compleanno. Passiamo un po’ di tempo facendo colazione e parlando. Dopo colazione ci prepariamo per la gita in barca. Stefano e Patrizia, che non amano le barche, preferiscono non venire e si fermano all’albergo. Con gli altri saliamo sulla barca e partiamo.

La barca procede per circa una mezz’ora, portandoci ad un isolotto lontano. Arrivati all’isola accostiamo agli scogli e scendiamo a terra. Notiamo che si sono levati in volo tantissimi uccelli. Guardando meglio ci accorgiamo che non sono uccelli, ma pipistrelli. Si tratta di volpi volanti, una specie di pipistrelli giganti che si nutre di frutta e vive sugli alberi. Se spaventati, possono prendere il volo anche di giorno. Il gruppo prende un sentiero che va verso la sommità dell’isola avvicinandosi alla zona dei pipistrelli.

Katia, che non ama i pipistrelli e ha solo dei sandali ai piedi, che non consentono di cimentarsi in un percorso simile, decide di rimanere giù nelle vicinanze della barca. Io vorrei andare a vedere le volpi volanti più da vicino, ma le vecchie scarpe da ginnastica che ho, con la suola quasi liscia, non sono adattissime ad un terreno che può diventare scivoloso. Ho già un dito infortunato, vorrei evitare ulteriori cadute, quindi rimango con Katia a fare due chiacchiere. Quando il gruppo rientra riprendiamo la barca e torniamo verso l’albergo.

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Per il ritorno facciamo un giro diverso, passando tra le varie isolette presenti nel lago. La convinzione di ieri, che il viaggio fosse ormai finito e non potesse più offrire niente di interessante è scomparsa. E’ bastata un’altra notte di sonno e di riposo per tornare in pace col mondo. E’ una bellissima giornata, ci troviamo su un bellissimo lago, a due passi dall’equatore, e si gode di un bellissimo panorama. Nel tragitto di ritorno incontriamo uccelli, barche con pescatori e tantissimi isolotti verdissimi. Tornati all’albergo, è ancora presto per il pranzo, ci facciamo accompagnare in paese col pulmino per fare un giro.

Qui la situazione è meno idilliaca. A Kigali, la capitale, avevamo visto un paese ricco. O meglio, non povero come tutti quelli visitati in precedenza. Era evidente che Europa e America avevano fatto arrivare un sacco di soldi. Come dice qualcuno, per lavarsi la coscienza per quanto accaduto. Qui tutti quei soldi non sono arrivati. Il mercato, povero e dimesso offre poche cose. Ritroviamo le persone vestite di stracci. Insomma, non se la passano benissimo. Concludiamo il giro e torniamo al pulmino per farci riportare in albergo. Prima di ripartire, lascio le scarpe da ginnastica che mi hanno accompagnato per tutto il viaggio ad un bambino. E’ contentissimo, camminava a piedi scalzi sui sassi, e se le infila subito. Gli vanno enormi, ma stringendo al massimo i lacci, riesce quasi a farle andare bene. Torniamo all’albergo per il pranzo.

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Per pranzo ci mettiamo in una zona sopraelevata, dove sono presenti dei gazebo con dei tavoli. Prendiamo giù dal ristorante le birre e diamo fondo alle nostre scorte della cassa cucina. Abbiamo da finire un sacco di avanzi di pane, tonno, formaggio, pasta d’acciughe, maionese, olive ed altro. Mangiamo molto più del solito, e forse molto più del dovuto. Terminato il pranzo, Morena, la nostra cassiera, si avvia con Angelo per fare i conti. Devono sistemare il bilancio della cassa. Noi rimaniamo per un po’ sotto il gazebo a parlare e poi scendiamo nella zona in cui si trova il ristorante, in riva al lago.

Alle 15:30 riprendiamo il pulmino per tornare a Kigali. Destinazione il losco motel dove avevano soggiornato prima della visita ai gorilla. Arrivati in città, prima di andare all’albergo ci fermiamo a prenotare il ristorante. Nonostante le resistenze del capogruppo, per una sera, l’ultima sera, decidiamo di trattarci bene. Mangeremo in un ristorante francese, ordinando il filetto ai quattro pepi. Arrivati al motel scarichiamo i bagagli e lasciamo il pulmino, non ne avremo più bisogno. Lasciamo all’autista quanto ci è avanzato della cassa cucina, una montagna di spaghetti e altra roba. E’ contentissimo, ma non sappiamo se sarà in grado di cucinarli.

Ho giusto il tempo per una doccia velocissima, e poi dobbiamo uscire per andare al ristorante. Ci andiamo con i taxi collettivi. Per cena abbiamo modo di assaggiare questo famoso filetto ai quattro pepi, già provato dai componenti del gruppo che non ci hanno seguito alla visita dei gorilla. Buonissimo, finalmente un pezzo di carne degno di questo nome. Insieme alla carne, riso bianco e patate fritte. Ormai, non possiamo più farne a meno. Alla fine della cena, si spengono le luci, e arriva la torta. NOOOO, mi hanno organizzato anche la festa a sorpresa… La torta non è buonissima, ma non credo che da queste parti si riesca a trovare di meglio. Quello che conta, è il pensiero. Ed è stato molto gradito. Grazie, davvero.

24 agosto

rwanda kigali moto taxi

Siamo giunti all’ultimo giorno di vacanza, il giorno della partenza. La colazione è prevista dalle 8 in poi. Mi alzo presto, avendo dormito pochissimo. La camera, al piano terra, affaccia sulla strada, dove passano in continuazione persone, auto e camion. Abbiamo la mattinata libera, l’appuntamento all’albergo è previsto per le 11:30. Poi andremo all’aeroporto per partire nel primo pomeriggio.

E’ domenica e i negozi e centri commerciali sono chiusi. Con Bernardo, Marco e Barbara ci rechiamo in centro, in una zona dove ci sono dei negozietti di artigianato. Sperando che siano aperti. Prendiamo un taxi collettivo, il cui passaggio costa 150 FR (circa 20 centesimi). Il taxi collettivo, come concetto, somiglia molto ad un autobus. Ha un prezzo fisso, delle fermate precise e un percorso definito. Come per un taxi, l’importo lo paghi all’arrivo, in contanti, direttamente all’autista.

Arrivati nel centro con i negozietti, troviamo che sono quasi tutti chiusi, solo qualcuno è aperto. Gli altri apriranno poco dopo. Facciamo qualche giro, mentre nel frattempo veniamo raggiunti da Angelo, Laura, Katia e Morena. Un po’ alla volta arrivano anche gli altri. A gruppetti come siamo giunti, così torniamo all’albergo per finire di preparare i bagagli.

Tornati all’albergo, spendo nel modo migliore gli ultimi soldi rimasti, con una birra. E’ arrivato il momento di partire, carichiamo i bagagli sui due taxi collettivi che abbiamo prenotato e ci facciamo portare all’aeroporto.

rwanda kigali taxi

La storia potrebbe finire qui, ma rimane un ultimo problema. Un ultimo miracolo che Angelo deve cercare di realizzare. Come al solito, il piano voli di Avventure è stato fatto con i piedi. Alle 16 abbiamo il volo da Kigali ad Addis Abeba. E fino qui niente di strano. Arriveremo ad Addis Abeba intorno alle 20, e alle 23:30 avremo il volo per Fiumicino. Ma non tutti, Laura, Katia e Silvia hanno un altro volo, che parte 12 (!) ore dopo il nostro. Bisogna vedere se si riesce ad anticiparlo. All’aeroporto di Kigali non si può fare niente, ci dovremo provare ad Addis Abeba.

Partiamo da Kigali in orario, e dopo circa tre ore di volo siamo ad Addis Abeba. Angelo si separa dal gruppo con le tre ragazze per andare al banco dell’Ethiopian. Al momento niente da fare il nostro volo, che tra l’altro prosegue per Stoccolma, è pieno. Potrà provare al momento dell’imbarco. Noi nel frattempo giriamo per il duty free, fermandoci alla fine ad un bar per prendere l’ultima birra della vacanza.

Come apre il check-in Angelo e le tre ragazze sono i primi a passare, per mettere i nomi in lista di attesa. Noi passiamo con più calma, non abbiamo fretta. Arrivato il momento dell’imbarco salutiamo Katia, Laura e Silvia. Forse le rivedremo sull’aereo, forse no. Noi le salutiamo come se non dovessimo rivederle.

Ci accomodiamo sull’aereo e poco prima della partenza vediamo arrivare dei visi familiari: hanno trovato i posti. E non è tutto, ad Angelo hanno regalato un posto in prima classe! A questo punto si può considerare conclusa la vacanza. Siamo distrutti e passeremo l’intero tempo del volo dormendo.

Ultima cosa da ricordare, un’Hostess molto carina, che si era interessata alle condizioni del mio dito, fasciato e steccato, e voleva fare conversazione. Capisco che il look da “uomo vero”, con scarpe da trekking, pantaloni tutti sporchi di terra e fango, camicia sahariana sporca, abbia il suo fascino. Capisco anche che la barba lunga di cinque giorni e l’aria stanca completino il look di cui sopra. Ma non è solo “l’aria” ad essere stanca. Torno da 24 interminabili giorni di viaggio, e questa notte non ho praticamente dormito. Mi dispiace, ma in questo momento non sono nelle condizioni di tenere una lunga conversazione in inglese. Sarà per la prossima volta.

FINE

 

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