Yokoso Japan (Benvenuti in Giappone) – parte 1
Viaggio in Giappone alla scoperta della cultura, della tradizione e della cucina.
Come ogni anno, più o meno in questa stagione, arriva il desiderio di allontanarmi dall’Italia per andare a vedere un posto nuovo. Quest’anno (2009), dopo alcune indecisioni, la scelta è caduta sul Giappone. E’ stato un viaggio molto interessante, in un paese che alterna la tradizione con la tecnologia avanzatissima.
Quindi, come al solito, mettetevi comodi, prendete birra e pop-corn che si comincia.
16 aprile – la partenza
Voliamo con Air France, il piano dei voli prevede un Roma-Parigi e un Parigi-Tokyo. Questa volta il gruppo è piuttosto ristretto, siamo solo 6 persone e come al solito non conosco nessuno. Partiamo quasi tutti da Roma, appuntamento alle ore 7:00 a Fiumicino. Ci sono Laura, la capogruppo, Graziella, Guido, Eugenio oltre, ovviamente, al sottoscritto. L’ultimo componente del gruppo, Filippo, parte da Milano e lo incontreremo a Parigi.
Piccola modifica, in seguito agli accordi tra le compagnie aeree, l’aereo che ci porterà a Parigi sarà Alitalia. Voleremo quindi con la Nuova Alitalia. Nuova compagnia, ma vecchi problemi, visto che l’aereo parte con 40 minuti di ritardo.
Arrivati a Parigi abbiamo pochissimo tempo per prendere l’altro aereo, arriviamo al gate che è già cominciato l’imbarco.
Grosso problema, Filippo non c’è. L’aereo da Milano, anche questo Alitalia, porta un ora di ritardo e non è ancora arrivato. Ovviamente l’aereo si rifiuta di aspettare una persona, se non arriva dovrà prendere l’aereo successivo che sarà in serata o forse domani. Noi dobbiamo decidere velocemente cosa fare, se partire comunque senza di lui, o prendere il volo successivo.
Rimandare il volo significa non solo perdere una mezza giornata, ma anche pagare un supplemento per il cambio. Al contrario, se non ci riuniamo subito con Filippo, sarà un problema ritrovarlo a Tokyo, per i problemi con la lingua e gli indirizzi. Inoltre sembra che in Giappone i nostri cellulari non funzionino (non utilizzano il GSM, ma un altro segnale).
Alla fine decidiamo di partire comunque, in qualche modo lo troveremo a Tokyo.
Poi, quando mancano 5 minuti alla chiusura dell’imbarco, vediamo una figura correre verso il gate. Indossa un giaccone rosso acceso, che durante il viaggio considereremo come un faro tra la folla: è Filippo ed è arrivato appena in tempo.
Presentazioni, saluti, saliamo sull’aereo e si parte.
Ci aspettano 11 ore di volo, il sedile è piuttosto scomodo ed in posizione centrale, ne corridoio ne finestrino. Nonostante la scomodità riesco a passare quasi tutto il viaggio dormendo, anche grazie alla distribuzione di tappi per le orecchie e mascherine per gli occhi.
La metropolitana di Tokyo
A Tokyo l’unico modo per girare agevolmente la città è attraverso la metropolitana. Il costo del biglietto si paga in base alla distanza percorsa, più è lontano dal punto di partenza più è alto. Per questo motivo il biglietto va utilizzato sia nei tornello di entrata, sia in quello di uscita. Se l’importo pagato non è sufficiente, si chiude e bisogna pagare la differenza. A Tokyo esistono due compagnie diverse che gestiscono la metro, la Tokyo Metro e la Toei; la prima comprende 9 linee, la seconda 4. A queste vanno aggiunte la yamanote line che è una linea circolare, senza capolinea, che forma un anello dentro la città ed è gestita dalla Japan Rail (le ferrovie). In più bisogna aggiungere un’altra decina di linee private, tutte indipendenti il cui biglietto va pagato singolarmente una per una. Se volete girare Tokyo con la metro il modo più comodo è con un biglietto giornaliero. Se vi volete limitare alla Tokyo Metro costa 700 yen, se volete quello che comprende anche le quattro linee della Toei, di yen ne costa 1000.
Indispensabile per poter girare è la mappa della metro, per poter sapere dove scendere per effettuare i cambi. Per semplificare le cose, le stazioni hanno un numero progressivo relativo alla linea. Per fare un esempio, prendendo la stazione di Shimbashi, dove passano la Asakusa line e la Ginza line, per la Asakusa si tratta della stazione n. 10, per la Ginza è la stazione n. 8. A prima vista può sembrare una complicazione, ma quando si gira e si contano il numero di fermate mancanti, risulta essere un sistema comodo. Le stazioni spesso sono enormi con decine di uscite, e le uscite, invece di riportare i nomi delle vie, che in Giappone hanno meno senso che da noi, sono numerate.
17 aprile – arrivo a Tokyo
Arriviamo all’aeroporto di Tokyo Narita verso le 8:00. Abbiamo un cambio di fuso di 7 ore, come mettere 7 ore legali tutte insieme, e siamo piuttosto stanchi. Mentre camminiamo nel corridoio verso la parte di immigrazione, vediamo che ci controllano con una telecamera. Si tratta di una scansione termica per controllare la nostra temperatura, nel caso sia troppo alta (febbre), scatta la quarantena. Non ci fermano, vuol dire che stiamo bene.
Ai banchi dell’immigrazione controllano i passaporti e poi ci fanno una foto e ci prendono le impronte digitali. Alla faccia della privacy, voglio sperare che quando lasceremo il paese, queste informazioni saranno cancellate.
Passati questi, siamo ufficialmente in Giappone, e ci troviamo di fronte ad un gigantesco cartello con la scritta “Yokoso Japan”, sotto la traduzione nelle varie lingue: Benvenuti in Giappone.
Prima cosa ritiro bagagli, che fortunatamente sono arrivati tutti, poi, prima di lasciare l’aeroporto una serie di attività che nell’ordine sono:
Cambio del denaro, andiamo ad uno sportello cambi per avere un po’ di yen in cambio di euro. Il tasso di cambio non è eccezionale, per un euro ci danno 125 yen, fino all’anno scorso ce ne avrebbero dati 160-165. Cambiamo tutti una cifra intorno ai 1200-1300 euro che ci serviranno per pagare gli alberghi, i pasti, i trasporti e gli ingressi ai templi e musei.
Seconda tappa l’ufficio turistico, dove ci danno una serie di cartine, opuscoli e informazioni varie sui posti di maggiore interesse a Tokyo e dintorni. Il foglio più importante che ci danno è la mappa della città che contiene anche la mappa della metropolitana. La metro di Tokyo è una cosa complicatissima, ci sono 13 linee principali e un altra decina di linee secondarie private. Impareremo presto ad orientarci, ma il primo impatto è forte.
Proviamo ad accendere i telefoni, il mio funziona, quelli degli altri, alcuni si e altri no. In pratica riescono a funzionare i terminali più nuovi che si agganciano alla rete UMTS, quelli che usano solo il GSM no. Meglio così, in caso di necessità potrò comunicare con Guido e con Filippo.
Ultima cosa, un salto alla Japan Rail per farci attivare il JR pass, un pass che per una settimana ci consentirà di prendere liberamente tutti i treni. Il periodo scelto va dal 22 a 28 aprile (compresi). Finita quest’ultima cosa possiamo finalmente lasciare l’aeroporto e andare in città.
Prendiamo la Keisei line, un trenino che per 1000 yen ci porta in 65 minuti a Ueno, il quartiere dove alloggeremo. La giornata è coperta ed a tratti c’è una leggera pioggerellina, insomma, l’ideale per muoversi con i bagagli.
Arrivati a Ueno, dobbiamo trovare l’albergo, il New Izu Hotel, cosa tutt’altro che facile, visto che le indicazioni che abbiamo riportano approssimativamente la zona, ma non la via. Con un po’ di difficoltà, alla fine, riusciamo a trovarlo. Ci rendiamo conto che nei prossimi giorni avremo spesso problemi simili: a quanto pare le strade non hanno numeri civici e i giapponesi, contrariamente a quello che si crede, parlano pochissimo l’inglese.
L’albergo, piccolo ma pulito e confortevole è quello che può essere chiamato un ryokan, cioè con le stanze in stile tradizionale giapponese col tatami e materasso basso (futon) per dormire. Divido una di queste stanze con Guido.
Ci diamo appuntamento nella hall per le 14:00. Dopo una lunga doccia (ne avevo bisogno visto che sono più di 24 ore che son in giro), scendo e aspetto gli altri.
Contrariamente ai viaggi precedenti, questa volta mi sono portato un quadernetto, per annotare impressioni e commenti. Incomincio subito.
L’albergo è dotato di una poltrona che esegue i massaggi, e il cui utilizzo è gratuito. La provo subito e ho modo di annotare che è un “massaggio molto energico”. Raggiunto dagli altri, mi alzo, un po’ indolenzito per il massaggio un po’ troppo energico della poltrona, e ci muoviamo per cercare un posto dove mangiare.
Ci inoltriamo nelle stradine interne, che sono piene di ristorantini e posti che preparano roba da mangiare. In una di queste stradine che costeggia la sopraelevata con la ferrovia, troviamo un posto che ci piace: è un ‘coso’ (non riesco a chiamarlo ristorante) minuscolo, con i tavoli in mezzo alla strada, che in pratica prepara un unico piatto, il ramen. L’odore è molto invitante e ci sediamo e ordiniamo. Ho così modo di assaggiare il famoso ramen di cui tanto avevo sentito parlare in film, telefilm e cartoni animati.
Dopo pranzo, visto che il cielo è ancora coperto, ed in certi momenti piove, decidiamo di rimanere al chiuso. Ci rechiamo al museo nazionale, che si trova nel quartiere. Visita più o meno interessante e qualche foto.
Al ritorno, breve sosta in albergo e poi ci si mette alla ricerca di un posto dove cenare. A breve distanza dall’albergo (3 isolati, molto corti) troviamo un ristorantino dove si ordina tramite una macchinetta. Poi a dormire.
I ryokan
I ryokan sono gli alberghetti giapponesi in stile tradizionale. Generalmente leggermente più cari rispetto ai normali alberghi, sono molto ricercati dai turisti che vogliono provare una sistemazione diversa dal solito.
Il ryokan, se non tutto, almeno le stanze, ha i pavimenti formati da tatami, i classici “tappetini” ben conosciuti da chi frequenta palestre di arti marziali.
Il tatami tradizionale è fatto con paglia di riso ed, essendo piuttosto delicato, non può essere calpestato con scarpe. L’unico modo in cui è consentito camminare sul tatami è scalzi, o al massimo con dei calzini. Per cui, prima di entrare nella stanza, o comunque nella zona in cui cominciano i tatami, è necessario togliersi le scarpe. Alcuni ryokan mettono a disposizione dei clienti delle pantofole molto morbide.
Nel ryokan si dorme sul futon, un materassino basso, piuttosto morbido, che appoggia direttamente sul tatami. Durante il giorno il futon è piegato in un angolo della stanza, la sera lo si dispone per terra, si prende una coperta e si dorme.
Per quanto riguarda i bagni, nel ryokan tradizionale non sono previsti i bagni nella stanza, ci sono dei bagni comuni. Le maggiori esigenze di comodità dell’uomo moderno spesso portano a qualche concessione in tal senso, ed in genere almeno il gabinetto è presente nella stanza.
18 aprile – Tokyo
Primo vero giorno di giri per la città. Sveglia alle 7:30 per partire alle 8:30. Il ryokan dove dormiamo non offre la colazione per cui dobbiamo arrangiarci fuori. O meglio la offrirebbe pure, ma in stile tradizionale giapponese con pesce e altre cose hanno fatto storcere il naso a più di un componente del gruppo. Personalmente la proverei pure, se non altro per curiosità, ma non posso pretendere che la preparino solo per me, per cui seguo il gruppo in una specie di bar vicino alla stazione della metro/treni. Oggi ci muoveremo con la yamanote line, una linea circolare della Japan Rail (da ora JR), che tocca quasi tutti i punti previsti per il giro di oggi.
Facciamo il biglietto giornaliero e partiamo. Prima nota, una cosa che avevamo già visto eri ma non ci avevamo fatto troppo caso: i biglietti della metro e del treno non servono solo per passare i tornelli in entrata, ma anche in uscita, per cui non vanno gettati e bisogna tenerli a portata di mano.
Prima tappa del nostro giro il quartiere Shinjuku, quartiere piuttosto centrale, pieno di vita, dove ci sono dei giardini pubblici molto belli che vale la pena vedere. Facciamo un giro per i giardini che sono pieni di gente che scatta fotografie. Siamo capitati nel periodo della fioritura dei ciliegi, uno dei simboli del Giappone, e questi alberi pieni di fiori rosa o bianchi vengono fotografati da tutti. Anche io, faccio un sacco di foto agli alberi, e pure qualcuna alle persone che fotografano gli alberi.
Finito il giro, sempre nel quartiere, ci rechiamo al Metropolitan Government Office, un grattacielo, la cui parte superiore termina in due torri separate. In ciascuna delle due torri, la nord e la sud, c’è una terrazza al 45 piano a cui si può accedere liberamente. Andiamo alla torre nord (una vale l’altra) e prendiamo l’ascensore. Ci fermiamo per un po’ sula terrazza, dalle cui vetrate si vede tutta la città. Quasi tutta. I effetti Tokyo è troppo estesa perché si riesca a vedere tutta. Scattiamo un po’ di foto, nelle varie direzioni e poi scendiamo. Si è fatta ora di pranzo e abbiamo fame.
Appena sotto il palazzo c’è un ristorante che prepara il sushi, ma notiamo, e lo vedremo anche negli altri, che i ristoranti che preparano il sushi hanno solo roba cruda. Visto che qualcuno del gruppo non ne vuole neanche sentire parlare, per rimanere tutti insieme, torniamo nella parte più vicina alla metro, più ricca di ristorantini. Ne troviamo uno che ci sembra carino e ci fermiamo. Ognuno ordina secondo i propri gusti, e io prendo dei noodles in brodo. Non è esattamente il ramen preso ieri, ma sono comunque molto buoni.
Dopo pranzo, riprendiamo il cammino. Tappa successiva Odaiba, l’enorme isola artificiale situata nella baia di Tokyo. Riprendiamo la yamanote line fino a Shimbashi, da li dovremo prendere la Yurikamome, una linea privata che dovremo pagare a parte. Arrivati ad Odaiba, facciamo una passeggiata sul lungomare, vediamo, tra le altre cose, una riproduzione della statua della libertà. Scatto una foto col telefonino (sullo sfondo c’è anche il ponte che sembra americano), e la invio ad alcuni colleghi. Questa foto genererà parecchi equivoci sulla reale destinazione della mia vacanza…
Tra le varie cose che sarebbe interessante vedere-provare, ci sono anche i bagni termali Oedo-Onsen-Monogatari, purtroppo non ci posso andare: tra le varie regole c’è il divieto di accesso alle persone con tatuaggi (perché vengono identificati con la Yakuza, la mafia giapponese). Poco importa che io sia un Gaijin, uno straniero, le regole sono regole e su questo i giapponesi non sono molto elastici. In ogni caso anche gli altri, alla fine rinunciano, i prezzi sono piuttosto alti e, per il poco tempo a disposizione, non vale la pena pagare l’ingresso.
Ripartiamo, tappa successiva Omote-sando, il quartiere della moda. Riprendiamo la yamanote line fino a Shibuya, da qui, per una fermata la Ginza line. Problema: il biglietto che abbiamo non è valido per questa linea, di fatto passiamo forzando il passaggio. Arriviamo a Omote-sando e facciamo una passeggiata per una delle vie principali. Moltissimi sono i negozi italiani: Armani, Gucci, D&G, Fendi e così via. Ormai si sono fatte le 18:00 ed è buio. Siamo stanchissimi, abbiamo passato l’intera giornata camminando. Un po’ per la stanchezza, un po’ perché comunque non mi piace passeggiare tra questo tipo di negozi, sta di fatto che quest’ultima parte della giornata non mi sta piacendo moltissimo. Per fortuna finisce presto.
Riprendiamo, sempre in maniera piratesca, la Ginza Line fino a Shibuya e da li la “nostra” yamanote fino a Shinjuku per trovare un posto per la cena. Grosso errore, è sabato sera ed è tutto pieno, tutti i ristoranti, ristorantini, sushi bar, ecc. sono pieni. Di più, c’è la fila fuori che aspetta. In qualsiasi posto, bisogna aspettare almeno mezz’ora prima di entrare. Qualcuno si butta dentro un fast food, l’unico posto dove si può mangiare subito. Altri lo seguono.
Nooo, il fast food nooo. Alla fine mi devo arrendere all’evidenza, se voglio mangiare è l’unico posto. Entro così da questo “Wendy” rassegnandomi all’idea dell hamburger. Giuro a me stesso che sarà l’ultima volta, ed in effetti sarà così, in tutti i pasti dei prossimi giorni mangerò solo giapponese. Dopo la pessima cena, altro giro, qualcuno vuole vedere la baia di notte. Sono stanchissimo e vorrei tornare in albergo per dormire, ma mi sembra brutto incominciare a fare il separatista già al secondo giorno, quindi, nonostante sia perfettamente in grado di tornarmene in albergo da solo, seguo gli altri.
Nell’ordine seguono: yamanote line da Shinjuku (dove siamo) fino a Shimbashi (11 fermate). Dopo Yurikamome line (che ci riporta ad Odaiba) capolinea-capolinea (18 fermate) e ritorno (altre 18). E poi, finalmente, yamanote line fino a Ueno (altre 6 fermate). Arriviamo in albergo a mezzanotte, tropo tardi per essere al secondo giorno (dobbiamo ancora riprenderci dal fuso orario). Inoltre domani ci dobbiamo svegliare presto.
Il ramen
Il ramen è un piatto importato dalla Cina, preparato con i noodles, un tipo di pasta fresca, di produzione artigianale, somigliante ai nostri spaghetti. I noodles sono serviti in una terrina, immersi in un brodo di carne molto caldo. A completare il condimento ci sono funghi, erba cipollina, dei pezzetti di fagiolini, e a volte dei pezzetti di carne. In genere si aggiunge una rotella di grasso o di carne piuttosto grassa (la parte che mi piace meno). A volte anche dell’uovo, più o meno cotto. In genere è molto ricco di verdure, spesso vengono aggiunte alghe per il loro sapore salato. Va mangiato ovviamente con le bacchette, stando attenti a non schizzarsi tutto il brodo addosso.
Trattandosi di pasta fresca immersa in brodo bollente, ha la tendenza a scuocere piuttosto velocemente. Per cui per mangiarli bisogna conciliare l’esigenza di non farli scuocere, con la necessità di far raffreddare il brodo che ha veramente una temperatura eccessiva. Portare alla bocca una parte dei noodles e risucchiare, in maniera rumorosa, la parte rimanente è pratica comune presso i giapponesi. Anzi, si può dire che fare rumore mentre si mangiano i noodles o si beve il brodo è segno di apprezzamento per la cucina.
19 aprile – Nikko
Sveglia alle 6:40 e partenza alla 7:50. Oggi è prevista la gita a Nikko, una località a 140 km da Tokyo, piena di templi. E’ molto famosa e l’UNESCO l’ha dichiarata patrimonio dell’Umanità. Facciamo colazione alla stazione della metro, in un bar pieno di cornetti, dopo andiamo alla stazione di Asakusa con la Ginza line (biglietto di 160 yen).
Qui in un ufficio turistico, per 3600 yen prendiamo il World Heritage Pass, che ci consentirà l’utilizzo della tratta ferroviaria da Asakusa a Tobu-Nikko (il treno farà una sosta e si separerà a Shimo-Imaichi), l’utilizzo del bus verso la zona dei templi, e l’ingresso nei templi. Partiamo e in circa due ore siamo a Nikko.
La giornata non è bellissima, ma tutto sommato tiene. Incominciamo la visita con dal Rinno-ji, tempio molto bello e famoso per le tre enormi statue di Buddha che contiene. Purtroppo all’interno non è permesso fare fotografie.
Non le posso fare qui, ma posso fotografare tutto il resto. Quindi fotografo tutto il fotografabile, dall’esterno dei templi, alla pagoda. Arrivo a fotografare persino le tavolette di legno con le preghiere dei fedeli e i foglietti di carta arrotolati e annodati, contenenti anche questi delle preghiere. Faccio tante di quelle fotografie da arrivare ad esaurire il terzo ed ultimo set di batterie ricaricabili che mi ero portato dall’Italia (Ovviamente NON ho il caricabatterie, anche perché con la corrente a 110V non ci farei niente).
Per pranzo ci fermiamo in un posticino dove preparano dei noodles (soba in particolare) col solito brodo. Il mio “piatto” lo prendo con l’aggiunta di uovo. Molto buono, peccato che in questi posti non diano dei tovagliolini di carta.
Dopo pranzo, per poter continuare a fare fotografie, acquisto in un negozietto delle batterie, ad un prezzo esorbitante, in ogni caso mi servono, e devo accettare quello che chiedono. Nel giro dei templi durante il pomeriggio, ci dividiamo perdendoci la capogruppo. Non è preoccupante, abbiamo appuntamento alle 16:00 all’inizio del percorso, da dove eravamo partiti.
All’uscita dell’ultimo tempio ci dobbiamo dirigere verso il famoso ponte Shin-kyo, purtroppo sbagliamo strada e ci ritroviamo a fare un percorso molto più lungo di quello che avremmo dovuto fare. Alla fine ci arriviamo, ma si è fatto tardi e siamo in ritardo per l’appuntamento. Il ponte, rosso, non è un gran che, gli faccio una foto solo per dire “ci sono stato”, riprendiamo velocemente la strada (questa volta in salita) per raggiungere la zona dell’appuntamento dove c’è la fermata dell’autobus. La capogruppo non c’è, probabilmente è già alla stazione, per cui all’arrivo dell’autobus lo prendiamo per raggiungere velocemente la stazione.
Il treno parte alle 17:05 e arriviamo con quei due minuti di ritardo, giusto per essere sicuri di averlo perso. Il successivo è alle 18:10, l’unico problema è che è molto più lento e ci metteremo di più, ma ormai non ci possiamo fare niente. Ah, giusto per la cronaca, la capogruppo non c’è, ipotizziamo che sia partita col treno che abbiamo perso.
Lasciamo un messaggio su una lavagnetta della stazione, e alle 18:10 prendiamo il treno che in quasi tre ore ci riporta a Tokyo. Arriviamo a Ueno, quasi alle 22:00 e troviamo la capogruppo preoccupatissima sulla via che collega l’albergo alla stazione. E’ tardissimo, abbiamo fame, e per non perdere tempo andiamo al ristorante con la macchinetta dove siamo stati la prima sera. In fondo questo ristorantino si rivela essere buono, economico ed affidabile.
Dopo cena una passeggiata nel quartiere, e decidiamo di fermarci in un pub. Come entriamo, sono passate le 11, ci avvisano che chiudono a mezzanotte; nessun problema, vogliamo solo una birra. Ordino una Guinnes che si rivela essere molto diversa da quella che si prende in Italia, in una parola: annacquata. Dopo la birra, estremamente deludente, a dormire.
Le previsioni dell’ascensore
L’albergo dove alloggiavamo a Tokyo aveva, dentro l’ascensore, una lavagnetta magnetica, di quelle che si utilizzano con i pennarelli riscrivibili. Su questa lavagnetta, con un disegno (sole, nuvole, pioggia), venivano indicate le previsioni del tempo per il giorno successivo. Le nostre escursioni erano molto influenzate dal tempo, sole o pioggia per noi era una grossa differenza per cui avevamo necessità di sapere in anticipo quale sarebbe stato il tempo. Consultavamo vari siti su internet, che spesso davano informazioni contrastanti. Quelle che si sono sempre dimostrate esatte erano le previsioni indicate dentro l’ascensore.
Nello spirito buddista/shintoista del posto, alla fine eravamo arrivati a considerare l’ascensore una divinità benevola che ci comunicava come sarebbe stato il tempo il giorno successivo.
20 aprile – Tokyo
Oggi sveglia presto, intorno alle 6 per essere in marcia alle 7:00. Motivo della sveglia presto, la visita a Tsukiji, dove c’è il mercato del pesce più grande del mondo. A quest’ora il solito bar dove ci fermiamo per la colazione (Andersen) è ancora chiuso, non possiamo perdere tempo aspettando che apra, prendiamo la metro e ci dirigiamo a Tsukiji.
Dopo gli errori di due giorni fa, abbiamo imparato la lezione, prendiamo il biglietto giornaliero per la Tokyo Metro Line (circa 700 yen), che ci consente di percorrere liberamente le 9 linee presenti. Con 1000 yen avremmo potuto prendere il biglietto completo, che include l’accesso alle quattro linee della Toei Line, ma non ne abbiamo bisogno. per gli spostamenti previsti ci bastano le 9 linee della Tokyo Metro. Arrivati a Tsukiji troviamo un bar della catena “Caffe Veloce”, dove riusciamo persino ad ordinare un espresso, per la prima (ed ultima) volta dall’inizio del viaggio.
Dopo l’ottimo caffè, una piccola camminata e finalmente raggiungiamo il famosissimo mercato. L’asta dei tonni è già finita, avviene alle 5 del mattino, e comunque non sono ammessi visitatori, vediamo i vari banchi, più o meno grandi che vendono di tutto. Ci sono pesci più o meno grandi (tantissimi i tonni ancora interi), molluschi di tutti i tipi e dimensioni, granchi, aragoste e tutto quello che può provenire dal mare.
Non è un posto per turisti, anche se, essendo così famoso viene visitato da molti turisti. E’ un posto enorme con un’attività frenetica, bisogna fare attenzione ai carrelli elettrici che sfrecciano velocissimi da una parte all’altra del mercato. In alcuni resoconti avevo letto che si poteva mangiare del sushi freschissimo, appena preparato (più fresco di cosi…). Purtroppo non sono riuscito a trovarlo, altrimenti lo avrei assaggiato volentieri.
Terminata la visita al mercato riprendiamo la metro e ci dirigiamo ad Harajuku dove sorge il santuario Meiji, uno dei più grossi santuari shintoisti della città. Facciamo una lunga visita al santuario, dove fortunatamente sono consentite le foto, e ai giardini circostanti. Contrariamente a Nikko, che sembrava più un posto da visitare, questo è evidentemente un posto di preghiera, sono molti i giapponesi che arrivano, si fermano in qualche angolo e si mettono a pregare.
Finita la visita al santuario, visto che siamo nelle vicinanze, facciamo un salto a Takeshita dori (Takeshita street), via famosa perché punto di riferimento per la moda dei teenager. Personalmente la trovo piuttosto deludente, affollata, rumorosa e piena di negozi che non mi suscitano il minimo interesse. L’unica cosa interessante erano alcuni “personaggi” che ogni tanto si incontravano e che vorrei aver fotografato. Purtroppo in un posto così affollato, saltavano fuori all’ultimo momento e non c’era tempo per scattare una foto.
Essendo ora di pranzo, ed essendo stanchi per la levataccia, ci fermiamo nel primo posto disponibile per riposarci un attimo e mangiare qualcosa. Non ricordo il nome del posto, in ogni caso scopriamo che si tratta di un ristorante tedesco che prepara cibi californiani (!). Rimaniamo piuttosto perplessi dal menu, per cui decidiamo di alzarci e cercare un altro posto. L’unica altra alternativa nella zona è un ristorante cinese. Va benissimo il cinese.
Ordiniamo dei fried noodles, molto simili agli spaghetti saltati con carne e verdure che si possono mangiare nei ristoranti cinesi qui in Italia. Piuttosto buoni.
Finito il pranzo riprendiamo la metro per andare ad Asakusa, dove si trova il Senso-ji, il più grande e famoso tempio buddista della città. Partiamo dal portale di accesso, la “Porta del Dio del Tuono”, dove c’è una gigantesca lanterna. Porta e lanterna fotografatissime dai turisti, giapponesi e non. Dopodiché percorriamo una stradina piena di negozi che vendono articoli per turisti; guardiamo la roba che vendono e assaggiamo qualche biscotto.
Alla fine arriviamo a questo enorme tempio rosso, affiancato da una grande pagoda dello stesso colore. Il tempio è dedicato a Kannon, dea della misericordia. In se sarebbe anche carino da guardare, ma dopo l’intera giornata di ieri passata a Nikko, vedendo decine di costruzioni molto più ricche di questa, risulta un pochino deludente. In ogni caso siamo qui e diamo un occhiata, facendo tutte le foto possibili.
Sulla via di ritorno, mentre attraversiamo una galleria piena di negozi e ristorantini, ne vediamo uno che prepara contemporaneamente sushi e cibi cotti (il primo dall’inizio del viaggio che prepara entrambi). Decidiamo di tornare qui per la cena.
Un veloce salto in albergo per una doccia e poi torniamo al ristorantino ad Asakusa. Una delle peggiori scelte del viaggio. Ordinazioni sbagliate, cibo cattivo e costosissimo, spesso cucinato male. L’unica cosa positiva è che finalmente sono riuscito a mangiare del sushi, l’unica cosa decente della cena.
Per finire la serata, visto che abbiamo ancora un po’ di energie da spendere, facciamo un salto nel quartiere a luci rosse. Riprendiamo la metro fino a Shinjuku e poi a piedi fino a Kabukicho, il famoso quartiere. Passeggiamo per le vie notando che tutto sommato si tratta di una cosa piuttosto sobria, forse persino deludente. Probabilmente nei locali le cose sono diverse, in ogni caso non entriamo e torniamo in albergo: si è fatto tardi, la metro sta per chiudere ed abbiamo sonno.
Seguimi