Una settimana alle Maldive

Ciao a tutti, come già successo altre volte, ecco una mail un po’ lunga che racconta un giorno, o in questo caso una settimana, particolare che merita di essere raccontata o ricordata. Come al solito siete pregati di non rispondere “chi se ne frega…”, come qualcuno ha già fatto altre volte.

Negli ultimi anni non mi sono mai mosso da Roma, al massimo per le vacanze mi sono spinto fino a(lla inconcepibile distanza di) Lavinio. Circa due anni fa, dopo la vacanza di Lucrezia a Sharm, mi era passata la fugace idea di un viaggio fuori dall’Italia. La cosa era stata rimandata, perché i vari impegni di lavoro mi hanno sempre tenuto bloccato nei mesi di luglio e agosto e perché, in fondo, non si sta cosi’ male a Lavinio.

L’anno scorso mi è venuta per la prima volta l’idea di partire durante l’inverno. Una settimana al caldo, al mare, mentre qui fa freddo e c’è la neve, è un sogno che ho sempre avuto. Purtroppo mi sono organizzato tardi, e la mancanza del passaporto hanno impedito il realizzarsi di quel desiderio. Ho deciso di rimandare tutto all’anno successivo (quest’anno) e intanto mi sono fatto il passaporto.

La preparazione

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Quest’anno, verso i primi di dicembre, passaporto pronto, voglia di partire tanta, ho incominciato ad organizzare un viaggio per i primi di gennaio. L’obiettivo era questo: sotto Natale niente ferie, le conservo, e, dopo la Befana, dal 8-9 gennaio si parte.

Si parte per dove? L’idea iniziale era Sharm, ma fatto un giro su Internet è risultato che a gennaio la temperatura non e’ cosi’ alta. Per una vacanza come la intendevo io, caldo e bagno al mare, bisognava aspettare marzo-aprile. E quindi dove si va? La risposta e’ ovvia: Caraibi.

Incomincio un giro su Internet alla ricerca di un posto e per farmi un idea dei prezzi. Noto che quasi tutti i siti degli operatori turistici e che parlano di viaggi, oltre ai Caraibi, citano le Maldive.

Maldive? …

MALDIVE!!!

Si, questa è una bella idea, tra l’altro questa, tra novembre e aprile è la stagione secca, in cui non ci sono piogge. Ma dove andare?

A questo punto passo la parola, o meglio la scrittura, ai newsgroup. Chi meglio di chi c’è già stato può raccontare come è veramente il posto senza tutte le piccole bugie dei tour operator?

Vado su “Google gruppi” dove ci sono gli archivi di it.hobby.viaggi ed incomincio a leggere quelli che parlano delle Maldive. Tutti i messaggi sono di gente entusiasta “posto bellissimo… ecc..”, in particolare molti parlano di un’isoletta incontaminata, che hanno voluto lasciare il più possibile al naturale: L’isolotto di Asdu. Oltre ad essere un posto molto bello risulta essere anche tra i più economici. Perché? Perché ha soltanto i servizi essenziali: niente presenza sul posto dei tour operator (appartiene ed è gestito solo da maldiviani), niente animazione, niente TV in camera, niente frigo bar, niente aria condizionata, e … niente acqua calda.

Ecco questo ultimo punto potrebbe essere leggermente fastidioso, ma leggo che non è stato un problema per nessuno di quelli che sono andati perché fa molto caldo e l’acqua ha la temperatura del mare che è a 27-28 gradi.

Inoltre quest’isola pur avendo una clientela internazionale e’ frequentata prevalentemente da italiani e sopratutto e’ presente un centro di diving gestito da italiani.

Mi faccio un giro sul sito del diving www.submaldive.com per fugare gli ultimi dubbi, ma in realtà ho già deciso: vado ad Asdu.

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Vado in agenzia per prenotare, e parlo con l’impiegata: viaggio fuori Italia, Maldive, isola di Asdu.

– Dove?

– Asdu.

– CHE?

– A-S-D-U

Nei cataloghi non c’è, effettua una ricerca su Internet e dopo un quindici minuti trova quello che cerca, effettua qualche telefonata e poi mi dice che al momento non c’è il volo di ritorno, ma aspettando un po’ si dovrebbero liberare dei posti. In ogni caso la partenza sarebbe dal 13 gennaio. Va bene ?

Va benissimo, lascio il nominativo e ci risentiamo. Dopo due settimane, i posti si sono liberati e se confermo devo lasciare un anticipo. Confermo, lascio l’anticipo, i primi di gennaio effettuo il saldo e il 9 gennaio passo a ritirare i biglietti. Saluto e torno a casa per preparare le valigie.

Il viaggio

La partenza e fissata per il 13 gennaio, alle 16:55. La compagnia aerea è Emirates (degli emirati arabi) e il volo prevede un cambio a Dubai. Piccolo problema per il ritorno previsto per sabato 21, perché l’aereo in realtà parte di domenica alle 2:30 del mattino. Dovrò passare la notte in aeroporto. Va benissimo così, se non altro sabato avrò la giornata completa per stare al mare.

Il venerdì 13 (che detto così suona pure male) prendo comunque un giorno di ferie e passo la mattina a finire di preparare la valigia. Verso le 12 pranzo e mi avvio verso la stazione Tiburtina per prendere il trenino per l’aeroporto. Arrivo con un anticipo di circa tre ore e mezza e già a quell’ora trovo una fila enorme ai banchi del check-in.

L’aereo è piuttosto grande. Passando noto la differenza tra i sedili della prima classe e quelli della economy dove sono diretto. In prima classe ci sono sette sedili per fila divisi in 2 vicino al finestrino, 3 centrali, e 2 all’altro finestrino. In economy i sedili per fila sono 10, divisi in 3-4-3. Anche se un po’ stretti stiamo bene, ogni sedile ha uno schermo LCD dove si possono vedere le informazioni sul volo (altezza, velocità, temperatura, ora di arrivo e distanza). Lo schermo ha vari canali selezionabili con un apposito telecomando. Ci sono vari canali con film, musica e videogiochi. Ci sono anche due canali che mostrano le riprese di due telecamere, una sotto l’aereo che mostra cosa stai sorvolando e l’altra sulla prua che mostra cosa c’è avanti. Quest’ultima e’ molto bella da vedere in fase di atterraggio.

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Dopo circa sei ore di volo arriviamo a Dubai, scendo dall’aereo e cerco il gate del volo per Malé. L’aeroporto di Dubai è qualcosa di spettacolare, è pieno di luci, negozi gente che passeggia e che compra. E’ circa mezzanotte e sembra pieno giorno. L’aeroporto poi è enorme, lunghissimo, per arrivare al gate, che è pure uno degli ultimi è stato un viaggio.

Raggiunto il gate, dopo poco ci si imbarca su un aereo leggermente più piccolo solo sette posti per fila 2-3-2 e si parte per Malé. Quattro ore di volo, cerco di dormire un po.

All’arrivo scendiamo sulla pista e ci avviamo a piedi verso il controllo passaporti. La giornata e nuvolosa e c’e’ parecchio vento. Come scendo dall’aereo vengo investito da questo vento caldo, sorrido. Questo caldo significa che sono in vacanza. Uscito dall’aeroporto trovo una lunga fila di banchetti dei vari tour operator, chiedo a qualcuno per Asdu e me ne indicano uno generico. Parlo con l’addetto che mi dice, in un inglese più stentato del mio, che bisogna attendere perché la barca è in ritardo a causa del mare mosso. Dopo circa un’ora di attesa ci chiamano, la barca è arrivata, un barcone piuttosto grosso, un po’ vecchiotto per due persone, Io e una ragazza senza bagagli!?

Questa tizia, con cui ho scambiato giusto qualche parola in inglese è risultata essere una svizzera (che parlava benissimo l’italiano) andata a prendere contatti con Asdu. Lavorava per un tour operator svizzero ed era alla ricerca di nuovi villaggi da inserire nel catalogo.

A causa del mare mosso ci fanno mettere all’interno del barcone, fuori ci sono troppi spruzzi. I conducenti che sono fuori hanno la cerata e quando scendono sono completamente bagnati. La traversata dura circa due ore, e ne approfitto per cercare di dormire un po, purtroppo senza grossi risultati. Ad un certo punto la barca rallenta, usciamo e ci troviamo davanti il molo e l’isola, bellissima. Sorrido.

L’arrivo

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L’isola è bellissima e il soggiorno, senza fare una cronaca dettagliata giorno per giorno, è stato fantastico. Sul momento non me ne sono reso conto, ma è davvero piccolissima. Nei giorni successivi arriverò a fare una stima sulle dimensioni: lunga circa 200 metri larga circa 80.

Appena arrivati ci hanno accolto alla reception-bar con un drink alla frutta, ci hanno fatto accomodare mentre nel frattempo finivano di sistemare le camere. Io avevo una certa fretta di andare in camera e cambiarmi, con i jeans incominciavo ad avere caldo. Loro invece erano molto rilassati e agivano con molta calma, senza mai nessuna fretta.

Questa e’ una cosa che ho incominciato ad apprezzare dal secondo-terzo giorno, l’atmosfera rilassata di quell’isola. Gli orari comunque c’erano e venivano rispettati, alle 13:00 si pranzava e alle 20:00 si cenava. Se volevi fare delle immersioni, con la barca si partiva alle 9:00 e se arrivavi alle 9:10 rimanevi a terra perché la barca era già partita. Del resto in un isola lunga 200 metri non hai scuse per essere in ritardo. In ogni caso questi orari con comportavano nessuna fretta e agitazione che si hanno qui in città.

La stanza

Stavo dicendo, nessuna fretta (da parte loro) di andare in stanza, quando è pronta mi prendono la valigia e mi accompagnano: stanza 112. Non so perché quel numero, qui ci sono 30 stanze, non ho capito a cosa serve il 100 iniziale

Le stanze sono in delle piccole costruzioni tipo bungalow, la mia è da tre stanze. altri sono da due e c’è ne pure qualcuna da uno. La stanza è preceduta da una specie di verandina esterna, comunque coperta dalla tettoia, dove ci sono un paio di sedie e un tavolino. Ci sono una paio di fili con mollette per stendere la roba ad asciugare e un bidone alto una quarantina di centimetri pieno d’acqua. Il secondo giorno, dopo aver riempito la stanza di sabbia, ho capito che, forse, il bidone con l’acqua serviva per sciacquarsi i piedi.

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L’interno del bungalow è carino, c’è il letto grande (meno male) con un ventilatore sul soffitto. La porta e le finestre sono di legno, tipo persiane è tutto aperto. In più al di sopra della porta, dai due metri fino al soffitto è aperto, c’è solo una specie di grata. Deve fare molto caldo anche durante la notte per essere tutto aperto.

Il soffitto è molto bello, tutto intrecciato, tenuto da alcune corde. Per fortuna, al di sopra c’è una tettoia, in modo da non far entrare l’acqua se dovesse piovere. Il letto è orientato in modo che alla sinistra si trova la parete con la porta e una finestra. Sul lato destro c’è una scrivania e un mini armadio per appendere gli abiti che si chiude con una tendina. In quest’ultimo ci finiranno la felpa e il giaccone con cui ho viaggiato. Di fronte al letto uno spazio un po’ più grande con una specie di corridoio che continua sulla destra e un’altra finestra. Il corridoio che continua sulla destra finisce con la porta del bagno e un tavolino basso piuttosto largo su cui finirà la valigia. Il bagno non ha nulla di speciale, è tutto piastrellato con l’angolo doccia leggermente più basso. Il lavandino e la doccia hanno solo un rubinetto (acqua fredda), ma si sapeva. Due sole particolarità, manca il bidet e il tappetino per i piedi da usare dopo la doccia è al di fuori del bagno. Mi sono chiesto perché fuori dal bagno, poi dopo la prima doccia, con cui ho allagato tutto, ho capito.

Il soggiorno

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Prendo possesso della stanza, mi informo a che ora è il pranzo e mi cambio. Mi metto il metto il costume e metto via le scarpe. Per una settimana sarò sempre a piedi scalzi, le ciabatte e scarpe da ginnastica che uso a Lavinio per andare al mare, rimarranno completamente inutilizzate. Sarò sempre a piedi scalzi, anche all’uscita della doccia, allagherò tutto ma fa niente, fa caldo e si asciuga subito. Manca ancora qualche minuto all’ora di pranzo e ne approfitto, corro a fare un tuffo in mare. Nel frattempo le nuvole si sono diradate ed è uscito il sole.

La spiaggia è lontanissima dal mio bungalow, circa tre metri. Dopo questa estenuante camminata percorro gli altri quattro metri che mi separano dal mare e finalmente posso mettere i piedi a mollo. L’acqua è caldissima, in Italia nemmeno in pieno agosto è cosi’ calda, mi tuffo e faccio un paio di bracciate. E’ una sensazione indescrivibile, da una parte c’è la bellezza del posto, dall’altra il piacere di un bagno al caldo in mare. Esco dall’acqua rendendomi conto che sono bianco come una mozzarella, e forse la crema solare protezione 4 che ho portato è leggermente insufficiente. Rientro in stanza e provo la doccia, che a quest’ora non è niente male. Dopo essermi messo il costume asciutto e una maglietta mi avvio, scalzo, a pranzo. Ho pure una certa fame.

Il pranzo si tiene nel complesso centrale dell’isola, centrale in tutti i sensi. La costruzione, tutta aperta, ha la parte destra con la reception e sedie con tavolini per passare il tempo. In un angolo c’è pure un tavolo da ping-pong. La parte centrale ha il bancone del bar, dove servono da bere (mai utilizzato). E a sinistra c’è la parte ristorante, con i tavoli e il tavolone con il buffet.

Il pranzo è quindi a buffet, fai la fila, prendi un piatto e te lo riempi come e quanto vuoi. Da mangiare c’è di tutto, a volte anche la pasta. Quest’ultima non l’ho mai presa, non vado alle Maldive per mangiare pasta, la posso mangiare tutti i giorni in Italia; il resto l’ho assaggiato tutto. I piatti variano parecchio, a volte pure con accostamenti un po’ strani, alcuni hanno anche il sapore tipo orientale, leggermente piccante che si riscontra nel kebab.

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Le due cose che non mancano mai, a pranzo e a cena sono il riso e il pesce. Il riso condito in vari modi, spesso in bianco che si mischia bene con le altre pietanze; il pesce, veramente buono è spesso cucinato alla griglia, a volte fritto, a volte a fette sulla piastra. Da bere c’e’ acqua, la formula dell’isola e’ pensione completa escluse bevande: l’acqua si paga a parte. Una bottiglia da un litro e mezzo costa due dollari, quando te la portano scrivono col pennarello il numero della stanza sul tappo. L’acqua che avanza ad un pasto, te la ridanno al pasto successivo. Il caffè purtroppo e’ quello internazionale: acqua colorata. Il primo pranzo ero a tavola da solo, dalla sera, essendo arrivate altre persone nel pomeriggio, mi ritrovo a tavola con una coppia di Roma: Giuseppe e Alessandra.

Durante il pranzo noto all’esterno, vicino all’entrata della zona ristorante, un grosso airone che rimane li fermo, che vorrebbe entrare ma piuttosto timoroso. Questo airone, ribattezzato dai miei compagni di pasto “l’uccello scroccone”, sarà una presenza fissa durante il pranzo nei vari giorni. Molto discreto rimarrà all’entrata ad aspettare se qualcuno, come capiterà spesso, gli tirerà un pezzo di pane o qualcosa di diverso da mangiare. Molto meno discreti e piuttosto invadenti durante i pasti risulteranno essere alcuni corvi. A completare la fauna dell’isola ci sono un pappagallino che girava libero e che amava farsi grattare la testa dalle persone e alcuni uccelli bianchi e grigi dal becco giallo che amavano cantare e chiamarsi tra di loro a qualsiasi orario. Anche in piena notte.

In effetti l’isola è l’ideale per questi uccelli, tutta fatta di sabbia è piena di palme, alberelli di vari tipi e cespugli che ti riparano dal sole. E’ così piena di alberi da essere praticamente tutta in ombra, a parte la spiaggia. Quando durante il secondo giorno, me ne andavo in giro tutto ustionato, timoroso di una dose supplementare di sole, questi alberi fornivano un valido riparo.

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Dopo pranzo ho preso contatto con gli istruttori del diving per le immersioni. Ma di questo ne parlo dopo.

Dal pomeriggio, ho assunto i ritmi, piuttosto regolari che avrei mantenuto per tutti i giorni successivi. La mia giornata tipo era cosi’ strutturata:

Sveglia alle ore 8:00, doccia e lavata generale. Questa, delle tre docce al giorno, era l’unica che mi dava qualche problema con l’acqua fredda.

Alle ore 8:30 mi avviavo/arrivavo al ristorante per la colazione. La colazione consisteva in un bicchiere di succo di frutta, caffè e latte, fette di pane tostato, un vassoietto con burro e marmellata e una fetta di dolce. Il caffè era sempre quello internazionale, il dolce invece era sempre diverso dal giorno prima.

Alle 9:00, se partecipavo, partiva la barca per le immersioni altrimenti andavo in spiaggia. La spiaggia di sabbia bianchissima aveva una specie di sedia a sdraio di plastica rigida. In pratica era un unico lastrone ondulato di plastica bianca. Non avrei mai potuto immaginare che un pezzo di plastica rigida potesse essere tanto comodo.

Intorno alle 12:40-12:50 tornavo in stanza. Notavo che Kartà, il maldiviano sempre sorridente che si occupava della mia stanza, aveva messo in ordine. C’era il letto rifatto, il pavimento lavato e il ventilatore acceso, per asciugare più velocemente. Anche il bagno era stato lavato, solo che quest’ultimo era ancora completamente bagnato. (Non andava al risparmio con l’acqua). Mi aveva riempito anche la brocca d’acqua sulla scrivania vicino al letto (non ti preoccupare, paghi pure quella).

A quel punto, dopo doccia, costume asciutto e maglietta, mi recavo a pranzo. Pranzo, come ho già detto a buffet, che durava dall’una alle due. Dopo tornavo in stanza per un riposino.

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Alle 15:00, se partecipavo, partiva la barca per l’immersione del pomeriggio. Altrimenti andavo in spiaggia. Rimanevo in spiaggia fino alle 16:30/17:00. A quel punto il sole era troppo basso per essere apprezzabile e tornavo in stanza. Doccia, e vestiti asciutti.

A quel punto rimanevo in stanza fino alle 20:00. Il primo giorno ero andato presso dei tavolini all’aperto vicino al molo e nella parte coperta vicino alla reception. Ero però stato assalito dalle zanzare che a quell’ora diventavano particolarmente aggressive. A quel punto avevo preferito rimanere in stanza fino all’ora di cena. Il tempo lo passavo leggendo un libro. L’isola è dotata di una piccola biblioteca creata con i libri lasciati dagli ospiti. Ci sono libri in tutte le lingue, tedesco, inglese e ovviamente italiano. Se avessi saputo prima di una simile usanza, avrei potuto contribuire anche io con un paio di libri che mi avanzano.

Alle 20:00 incominciava la cena, anche questa a buffet, che durava fino alle 21:00. La cena terminava sempre con un dolce sempre diverso. Diverso da quello della mattina.

Dopo cena ci si poteva fermare a fare due chiacchiere o giocare a ping pong. Io che ero sempre stanchissimo non mi fermavo mai oltre le nove e mezza/dieci. Dopo quell’ora tornavo in stanza per andare a dormire.

Tornato in stanza trovavo che avevano rifatto il letto, dato una spazzata al pavimento e acceso lo zampirone per tenere lontane le zanzare. L’unico problema con lo zampirone era che non durava per tutta la notte, e quindi verso le cinque del mattino, arrivavano le zanzare (andiamo e’ ora di colazione…)

Andato a dormire, venivo a volte svegliato dai rumori dei vari uccelli. Il mattino dopo alle 8:00 c’era la sveglia e si ricominciava.

Le immersioni e i pesci

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E veniamo finalmente al discorso immersioni e pesci nel mare. Altrimenti uno che ci va a fare alle Maldive? Tanto vale chiudersi dentro casa, mettere il riscaldamento a 40 gradi e farsi un bagno caldo nella vasca.

Il primo giorno arrivo sull’isola e vado al centro di diving, che si trova a dieci metri dal ristorante.

Dico alla ragazza, Valentina, che voglio fare delle immersioni, che ho il brevetto OWD (Open Water Diver) e che sono circa 10 anni che non mi immergo.

Mi risponde che non c’è nessun problema, e che basta fare il check diving, un immersione li davanti a pochi metri di profondità per ripassare le operazioni di base. Fatto quello posso uscire con tutti gli altri con la barca. Mi prenoto per il pomeriggio e ci si vede alle 15:20.

Mi faccio dare maschera, pinne, muta, pesi, giubbotto, erogatore e bombola. (Perché la muta se l’acqua è così calda? Perché è calda in superficie, quando si scende diventa più fredda).

L’immersione di prova va bene fino a quando non mi scontro con uno degli esercizi fondamentali, lo svuotamento della maschera. In pratica bisogna togliersi la maschera, o comunque separarla dal viso in modo da riempirla d’acqua e dopo aver aspettato un po’ rimettersela e riempirla d’aria.

Il problema è che come mi tolgo la maschera incomincio a bere come un cammello. Bere (respirare acqua) a cinque metri di profondità è una sensazione bruttissima. Dopo aver bevuto l’impossibile, ancora tossendo, faccio segno che non me la sento e salgo in superficie.

Il giorno dopo, sempre di pomeriggio mi prenoto per un altra prova. Altra prova, ma stesso risultato.

A questo punto faccio un esame di coscienza, spiego che sono passati molti anni, che sinceramente non lo trovo più un divertimento ma uno stress, e che preferisco lasciare perdere.

Gli istruttori, Riccardo e Valentina, sono d’accordo con me (non me l’ha mica ordinato il medico) e mi dicono che se voglio fare dello snorkeling, dalla parte opposta dell’isola (che ricordo e’ lunga solo 200 metri) c’è una lingua di sabbia. Alla destra di quella lingua la barriera va giù abbastanza velocemente e si possono vedere molti bei pesci, con un po’ di fortuna anche uno squaletto pinna nera che sta da quelle parti.

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Così il mattino successivo, dopo colazione, mi avvio nel posto indicato. Una volta arrivato alla lingua vado a destra e cerco un passaggio fino all’acqua profonda. Il problema è che più ci si avvicina al bordo della barriera, più i coralli si avvicinano alla superficie, fino a quasi sfiorare il pelo dell’acqua. In quei punti ovviamente non puoi nuotare se non ti vuoi grattugiare completamente.

Arrivato a circa metà strada tra la riva e la barriera, mi alzo in piedi per vedere dove posso passare. L’acqua mi arriva alle ginocchia e sotto i piedi ho della sabbia più dei pezzi di corallo morto. Devo pure stare attento dove metto i piedi.

Mentre mi guardo intorno, noto sulla sinistra un qualcosa che nuota ad una distanza di circa 30 metri. Si trova a sinistra ed è diretto verso destra, nel punto in cui passerà più vicino dovrebbe arrivare intorno ai 25 metri.

E’ ovvio di cosa si tratta, primo perché non sono molti i pesci che nuotano in superficie, secondo perché la pinna è comunque inconfondibile. E’ lo squaletto di cui mi avevano parlato. E’ lungo 70-80 cm.

Tutto contento rimango a guardare lo squalo a distanza, pensando che comunque, anche senza immersioni sono riuscito a vedere uno squalo.

Ad un certo punto questo squalo vede qualcosa di interessante… ME!!!, cambia direzione e si dirige verso di me.

Rimango completamente pietrificato, scappare non se ne parla proprio, con il fondale che ho sotto i piedi, aspetto e guardo questo coso che si avvicina.

Mi viene in mente di aver letto o sentito che gli squali sono comunque piuttosto paurosi e che una botta improvvisa sull’acqua dovrebbe spaventarlo e farlo scappare. Decido che la distanza ideale per una mossa simile dovrebbe essere intorno ai due metri e aspetto mentre si avvicina.

Quando arriva intorno a 3 metri, lo squalo evidentemente si rende conto che la cosa “interessante” continua anche fuori dall’acqua e che è molto più grossa di lui, per cui si gira di scatto e scappa via.

Dopo averlo visto allontanare, con le gambe che mi tremano, mi avvio verso riva, (Ok e’ stato bello, grazie di tutto) e me ne torno alla mia spiaggetta dall’altra parte dell’isola. Non ho più voglia di fare snorkeling da questa parte.

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Tornato alla mia spiaggetta, mentre sto sdraiato al sole, vedo la barca con i sub che tornano dall’immersione. E incomincio a pensare che in fondo mi ero divertito quando mi immergevo e che vorrei ricominciare.

Tra l’altro l’unico grosso problema è che bevo se respiro quando mi tolgo la maschera. Non è un problema insormontabile basta trattenere il respiro, o al limite tapparsi il naso con le dita. Decido quindi che voglio riprovare.

Mi ripresento quindi al centro di diving e chiedo ai due istruttori, sul momento molto perplessi nel rivedermi (e tu che ci fai qui?), di
fare un’altra prova.

Nel pomeriggio è prevista una immersione con una signora che sta facendo il corso OWD e mi posso aggiungere a loro.

Questa volta la prova va benissimo, mi sento completamente rilassato e a mio agio, come se non avessi fatto nient’altro per tutta la vita.

Mi tolgo la maschera, me la rimetto, me la ritolgo, faccio un giro e me la rimetto. Il tutto più volte.

Esco dall’acqua trionfante (dove sono i festeggiamenti con la banda e le majorette?) e con grande soddisfazione, segno il mio nome sulla lavagnetta che indica i partecipanti all’immersione del giorno dopo.

Senza entrare nei dettagli di ogni singola immersione di dove è stata fatta e quando, posso dire che sono state tutte molto belle. Facevo una o due immersioni al giorno, mattina e pomeriggio. L’acqua in questo periodo non è forse l’ideale, c’è un po’ di roba in sospensione, sopratutto nel pomeriggio, comunque la visibilità era buona e il panorama fantastico. Abbiamo fatto delle immersioni in corrente, in profondità e in tutte c’erano sempre tantissimi pesci. E ovviamente tantissimi coralli.

A parte i pesci tropicali coloratissimi, che prima di allora avevo visto solo nei film e documentari, c’erano tartarughe marine, aragoste e murene. In particolare nell’ultima immersione ho visto una murena bellissima, enorme, gialla con chiazze scure tipo leopardo.

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Un episodio carino è stato quello con una remora, un pesce che in genere segue gli squali per mangiare gli avanzi. Ne abbiamo incontrata una durante un’immersione e mi si è avvicinata mettendosi a seguirmi all’altezza del ginocchio. Io sul momento non mi sono accorto di niente, me lo hanno raccontato dopo i miei compagni di immersione. Si è avvicinata moltissimo, fino quasi a toccarmi, in modo da seguire la mia scia e fare meno fatica. Solo che io non nuoto come uno squalo, e l’ho riempita di ginocchiate e pinnate; alla fine ha capito che forse non era il caso di continuare a seguirmi.

E gli squali? Si, ho visto anche quelli. A parte il primo incontro vicino alla riva, li ho visti in un paio di immersioni. Nella prima era di passaggio, piuttosto lontano. Avevamo visto degli squali che stavano mangiando poco prima di immergersi, e prudentemente ci eravamo spostati di un centinaio di metri: non e’ il caso di avvicinarsi mentre mangiano, mordono qualsiasi cosa.

Quello che abbiamo visto passare era sicuramente di ritorno dal pranzo, aveva appena mangiato e sicuramente non era un pericolo.

Il secondo squalo, lungo circa un metro e mezzo lo abbiamo visto nella penultima immersione. Eravamo a circa 30 metri di profondità, praticamente sul fondo. Mentre nuotiamo, vediamo questo squalo appoggiato sul fondo, che probabilmente stava dormendo. Svegliatosi, piuttosto infastidito dalla nostra presenza si è allontanato rimanendo comunque sul nostro percorso.

Raggiuntolo poco dopo, si è spostato nuovamente, rimanendo ancora una volta sul nostro percorso. Raggiuntolo nuovamente (e mo basta), se ne andato definitivamente.

Il ritorno

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L’ultima immersione, pure questa in corrente come la prima, l’ho fatta venerdì 20. Il sabato, non potendo ovviamente fare immersioni, l’ho passato tutto sulla spiaggia per darmi un’ultima abbrustolita alla pelle.

Per chi non avesse tanto chiaro quel “ovviamente” forse è meglio spiegare che per le immersioni ci sono delle regole. Come è importante tenere d’occhio la profondità raggiunta e i tempi di immersione, così un’altra regola per la sicurezza vieta di fare immersioni nelle 24 ore precedenti un volo in aereo. E’ una questione di pressione atmosferica e di azoto accumulato nei tessuti e nel sangue. Quindi la mattina del sabato l’ho passata tutta sulla spiaggia.

Alle ore 13:00 come al solito sono andato a mangiare quello che sarebbe stato l’ultimo pasto della vacanza. L’idea di essere alla fine della vacanza e di dover abbandonare quel posto mi aveva reso tristissimo, ero quasi sul punto di piangere. I miei compagni di tavolo, anche loro all’ultimo giorno, avevano la mia stessa espressione.

Dopo pranzo sono tornato in camera per sistemare le ultime cose e finire di preparare la valigia. Rimettersi i jeans e sopratutto le scarpe dopo una settimana è stata una sensazione stranissima.

Alle ore 16:00 e’ partita la barca che ci ha riportati a Malé. Vedere l’isola allontanarsi per l’ultima volta (l’avevo vista allontanarsi già varie volte durante le uscite per le immersioni) ha aumentato ancora di più la mia tristezza. Arrivato a Malé dopo un ora e mezza di viaggio, ho dovuto attendere diverse ore all’aeroporto prima di partire, alle 2:30 del mattino. All’inizio ho pensato che mi avevano accompagnato con troppo anticipo, poi ho considerato che la navigazione da quelle parti viene effettuata a vista. Quindi e’ necessaria la luce del sole per poter vedere, ed evitare, tutti i coralli affioranti che si incontrano lungo il percorso.

Come sono entrato in aeroporto, sono stato investito dal gelo dell’aria condizionata, ho subito indossato la felpa pesante e pensato – la mia vacanza finisce in questo momento. Il volo, con il cambio a Dubai, il percorso col trenino e la metropolitana fino a casa non hanno niente di speciale. Ho cercato di passare più tempo possibile dormendo e recuperare il cambio del fuso orario.

La vacanza è stata fantastica, e a suo modo riposante. L’idea di lasciarsi l’inverno alle spalle, anche per solo una settimana, è bellissima. E’ una cosa che sicuramente andrà ripetuta in futuro; magari l’anno prossimo e quello successivo cercherò un posto un po’ più economico, ma prima o poi ci torno.

Come raccontano alcuni amici che hanno viaggiato un po, questo o quel posto è bello, ma niente è come le Maldive.

FINE

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