Una domenica da Indiana Jones. (novembre 1999)

Ciao a tutti, ecco un’altra mail circolare che racconta quello che faccio. L’altra volta vi ho parlato del mio lavoro, oggi vi racconto la mia ultima domenica. E, prima che vi arrivi una risposta del tipo “E chi se ne frega!”, (vero Vincenzo ? :-))), vi ricordo che siete stati voi a chiedere mie notizie. Visto che per un motivo o per l’altro non c’è mai il tempo per sentirsi con calma per telefono, ecco che arriva questa mia altra mail …

Allora, …

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MIIIII CHE DOMENICA !!!

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Antefatto

Sabato mattina, ricevo una telefonata da Giancarlo. (Sapete tutti chi è) Mi chiedeva se domenica volevo andare a fare trekking con lui e con Yuri. Gli rispondo che ci dovevo pensare, anche perché la domenica prima, la passeggiata sul monte Amaro (un nome, una garanzia) era stata un bagno di sangue. Anzi un bagno e basta, vista l’acqua che abbiamo preso. La giornata è bella e le previsioni dicono altrettanto per domenica, ci penso un po, due o tre microsecondi e poi decido di sì. La sera, (mi piace farmi desiderare … :-))) gli telefono e gli dico OK.

Domenica Mattina

Sveglia alle ore 6.25 (che sonno) cosa mi metto? La mia classica tenuta da raccolta di olive. Per quelli di voi che non sanno come sono vestito (tutti), ecco cosa comprende: pantaloni del tutone da ginnastica (gli stessi che metto sulla moto), vecchi jeans quasi completamente distrutti, maglietta a maniche corte rigorosamente nera, maglioncino di lana blu semi pesante (risalente al periodo di servizio militare in Marina), vecchissimo maglione dei marines americani che è diventato streeeetto. Anzi no, quello dei marines è nero, questo è verde (esercito) ed è altrettanto stretto. Per sicurezza preparo un’altra borsa con un secondo ricambio, compresi calzini e scarpe, nel caso mi dovessi bagnare come l’altra volta.

La borsa è destinata a rimanere in macchina, per la salita utilizzerò… sì proprio lui, il mitico zainetto invicta, compagno di mille avventure. Nello zaino trova posto: panozzo con la mortazza, bottiglione di plastica di 1.5 litri di acqua, salamello piccante e razioni di emergenza (mars e twix). Arrivato all’appuntamento mi viene affidato un bottiglione di vino da stappare sulla cima. Alle 7.30 passa Giancarlo, carichiamo la macchina e passiamo a prendere Yuri. Destinazione: Parco Nazionale d’Abruzzo.

L’arrivo

Arriviamo al paesello, altezza circa 1200 metri e sopra troviamo un montagna veramente alta. Un po’ preoccupato chiedo, non è che dobbiamo arrivare alla cima di quella, vero?. Mi rispondono che la nostra montagna sta dietro; con evidente sollievo incomincio a prepararmi. Indosso il giaccone, stringo i lacci delle scarpe, indosso lo zaino. Sono pronto. Anche gli altri.

Sono le 10.30, imbocchiamo il sentiero che ci porta alla valle delle rose (si, ma dove stanno?). Il mio abbigliamento l’ho descritto, il loro è leggermente più adatto, ma non molto. Insomma sembriamo tanto l’armata Brancaleone. Camminiamo sulla neve, sempre in salita; dopo circa 15 minuti si incomincia a sentire il caldo, ci togliamo i giacconi e li mettiamo nello zaino.

Il problema è che siamo in ombra (la montagna ci copre) quindi non ci possiamo fermare. Continuiamo a camminare gasatissimi (oddio, forse come stato d’animo, come fisico abbiamo un po’ il fiatone), fino a quando non veniamo raggiunti e superati da altri due escursionisti. Poco dopo essere stati superati, abbandoniamo la valle delle rose (si, ma dove stanno?) e ci troviamo di fronte la montagna. Anzi, la Montagna. Vi ricordate quella che si vedeva dal paese e che sembrava così grossa? Si trova alla nostra destra ed in confronto sembra una collinetta da parco giochi.

La Montagna

La salita diventa più ripida, e gli alberi sono scomparsi. Abbiamo la scelta tra due strade, la prima va a sinistra e affronta il pendio in maniera più dolce, la seconda è di fronte ed risulta ovviamente molto più ripida. Indovinate quale prendiamo?

Anzi no, sapendo che gli escursionisti che ci hanno superato da poco hanno preso quella di sinistra, quale possiamo prendere noi per fare i duri e raggiungerli?

Esatto!

Trainati esclusivamente dal nostro orgoglio affrontiamo la salita. Nel punto in cui le due strade si ricongiungono li abbiamo raggiunti, ma non siamo un bello spettacolo. E il peggio deve ancora venire. Un po’ stupiti ci risalutano e ci indicano un camoscio che sta alla nostra sinistra. Affrontiamo la salita che è diventata ancora più ripida; ormai si affonda nella neve quasi fino alle ginocchia ed è diventato duro salire. Mi viene in mente un vecchio incubo in cui dovevo fare una gara che consisteva nel salire una scala di 10000 gradini. Adesso non sembra più un sogno tanto lontano. No. Siamo arrivati al punto più duro, io non riesco più a salire, affondo troppo e non riesco a tenere l’equilibrio. Per fortuna arriva Yuri che mi presta la sua piccozza con la quale riesco a continuare. Ancora un piccolo sforzo, un’altro, e …, e …, … siamo cima.

Altezza sul livello del mare 1980 metri. Abbiamo affrontato 800 metri di salita (e nelle gambe si sentono tutti), ma il panorama, anzi, lo spettacolo, perché si potrebbe far pagare il biglietto (un intero e due ridotti grazie), è bellissimo.

Qui su c’è vento e fa freddo; è ora di rimettersi il giaccone. sono le 13.30 e bisogna decidere quale strada prendere per il ritorno. Le due possibilità sono affrontare la strada dell’andata (molto pericoloso il primo pezzo) oppure continuare in avanti e fare il giro della montagna (più semplice ma molto più lungo). Io voto per la prima soluzione, ma poi gli altri riescono a convincermi che, per rompersi l’osso del collo, si può rimandare ad un’altra volta. Non c’è tempo per il pranzo, lo rimandiamo a dopo, quando saremo più tranquilli. Ovviamente la bottiglia non viene stappata.

Il faggeto e il bosco

La prima discesa è molto veloce e divertente, in meno di venti minuti siamo scesi di circa 400 metri. Sono le due, abbiamo fame, la parte ripida della montagna è passata e ci concediamo una brevissima sosta. Io mangio un panino con la mortadella, Yuri un panino col salame e Giancarlo si fa dare da Yuri un’altro panino col salame. Come Giancarlo non ha il panino? Si, lo ha, ma di questo ne parliamo dopo.

Il percorso nel faggeto è piuttosto lungo, circa un’ora e la discesa tra gli alberi a tratti è ripida. Si cade spesso, per fortuna la neve è fresca e l’atterraggio è sempre morbido.

Al termine del faggeto abbiamo un bivio, dritti si va non so dove, a sinistra si ritorna verso il paesello. E questo è il punto peggiore della giornata: siamo stanchi, ci attende quasi un’ora di cammino a passo veloce, e il percorso è quasi tutto pianeggiante, a volte pure in salita (e la salita in questo momento non si tollera tanto). Altro? Si, abbiamo fame.

La macchina

Finalmente verso le 16.20 arriviamo alla macchina. Piccolo problema, siamo a 1200 metri, la strada è piena di ghiaccio e il sole sta tramontando. Non è il caso di fermarsi a pranzare; dobbiamo scendere e trovare un posto più tranquillo. Si riparte (FAMEEEE). Finalmente verso le 16.50 arriviamo in un posto accettabile. Dove?

Ai piedi del monte Amaro. NOOO !!!

Fa freddo, c’è vento (tanto) ed il sole è appena tramontato. Adesso basta, ci sono i tavoli e si mangia qui.

Mettiamo tutto quello che abbiamo su un tavolo, Yuri prende del formaggio e delle olive, io prendo il salame ed il vino e Giancarlo prende il panino. Sempre che si possa chiamare “panino” una pagnotta di trenta centimetri di diametro e di quasi 800 grammi riempita con insalata, carciofini, formaggio e bresaola. La dividiamo in tre e cominciamo a mangiare. E la bottiglia di vino? Viene stappata, ma fa veramente schifo, e pensare che me la sono portata dietro per quasi sei ore :-(((.

Casa

Finito il pranzo, siamo semi congelati, abbiamo preso più freddo adesso che in tutta la giornata, saliamo in macchina e si riparte verso Roma. Arriviamo verso le 20.00, Entro a casa e mi faccio una bella doccia. Una delle mie, cioè acqua bollente, e si rimane sotto fino a quando non finisce lo scaldabagno. Dopodiché pigiamone e a nanna. Domani è un altro giorno.

Questa, raccontata in maniera molto sintetica è stata la mia tranquilla domenica di riposo. Fatevi sentire anche voi.

A presto, il vostro

Indiana. (Marzio)

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